La “mazzetta” sulla mensa scolastica e il dipendente comunale infedele: tre arresti
La “mazzetta” sulla mensa scolastica per mantenere le famiglie dei carcerati; la “borsa lavoro” data al parente, le assunzioni nella ditta appaltatrice di persone “imposte”.
C’è tutto questo nella duplice inchiesta della Dda di Reggio Calabria, che stamani ha fatto scattare le manette ai polsi di quattro persone e un ulteriore avviso di garanzia, contestando le accuse, a vario titolo, di tentata estorsione continuata in concorso ed aggravata dal metodo mafioso.
Il blitz è scattato all’alba tra Bianco, Africo Nuovo e Bovalino, come dicevamo termine di due distinte investigazioni, tra loro conseguenziali, coordinate dalla Procura dello Stretto, diretta da Giovanni Bombardieri.
I Carabinieri del Comando Provinciale e i loro colleghi dello Squadrone Cacciatori “Calabria” hanno portato in carcere Bartolomeo e Domenico (detto “Micu u pupu”) Scordo, rispettivamente di 35 e 39 anni, e messo ai domiciliari Giuseppe Palamara, 64enne dipende del Comune di Bianco. La quarta persona, rimasta a piede libero, è un familiare di quest’ultimo, il 33enne B.V., raggiunto solo dall’avviso di garanzia.
Nei confronti di Palamara, inoltre, sarebbero emerse delle “gravi responsabilità” in relazione a reati contro la Pubblica Amministrazione - la concussione, l’abuso d’ufficio, il peculato e il falso in atto pubblico - per fatti commessi in qualità di Responsabile dell’Area Amministrativa ed Affari Generali del Comune della cittadina reggina, carica che ha ricoperto fino ad oggi.
L’esecuzione dei provvedimenti, come accennavamo, è scattato al termine delle due indagini condotte dai militari sotto il coordinamento dell’aggiunto Lombardo e del Sostituto procuratore Tedesco, della Direzione Distrettuale Antimafia reggina.
Le stesse investigazioni sono poi confluite in un unico provvedimento cautelare che secondo gli inquirenti avrebbe portato ad assicurare alla giustizia i presunti responsabili di un’estorsione (aggravata dal metodo mafioso) subita da un imprenditore siciliano che, nel 2014, si era aggiudicato l’appalto per il servizio annuale di refezione scolastica nel Comune di Bianco (da qui la prima indagine chiamata “Pupi”).
Successivamente si sarebbe arrivati a svelare come sempre nel Comune di Bianco, a causa della presunta infedeltà del geometra Palamara, come dicevamo funzionario dell’Area Amministrativa, all’occorrenza la cosa pubblica sia sarebbe “piegata” volere di pochi (da cui ed invece l’indagine “White City”).
L’INDAGINE “PUPI”
L’indagine Pupi - così denominata dal soprannome dei fratelli Scordio - è stata avviata nel novembre del 2014 a seguito della denuncia dell’imprenditore siciliano, costretto a subire un’estorsione dopo che la sua ditta aveva vinto la gara d’appalto indetta dal Comune di Bianco per l’aggiudicazione del servizio di refezione scolastica relativa all’anno 2014/15.
Secondo gli investigatori, i quattro indagati, “in concorso tra loro e con ruoli ben precisi” - i fratelli Scordo ritenuti gli esecutori materiali delle minacce e interessati al versamento del denaro, mentre Palamara e B.V. considerati gli intermediari con l’impresa - avrebbero tentato di “spillare” all’impresa, per il semplice fatto di provenire da una diversa area geografica, la somma in contante di duemila euro a titolo di sostentamento per le famiglie dei carcerati della zona.
Inoltre, in caso di una risposta negativa da parte dell’imprenditore, lo stesso sarebbe stato minacciato di pesanti ritorsioni tra cui il furto e il danneggiamento del furgone impiegato per la consegna dei pasti a scuola.
L’INDAGINE “WHITE CITY”
Partendo da questo contesto, la progressione investigativa ha portato poi alla seconda indagine, la “White City” che, come accennato, avrebbe consentito di riscontrare, ancora all’interno del Comune di Bianco, una gestione definita “arbitraria della cosa pubblica da parte di Palamara” che, in forza del suo incarico nell’ente, avrebbe piegato gli interessi pubblici a quelli propri, dei suoi familiari e di persone a lui vicine.
In particolare, le indagini tendono a dimostrare come il geometra africese, quanto proprio all’appalto per il servizio di refezione (e per il quale ha ricoperto l’incarico di Responsabile del procedimento amministrativo), oltre al tentativo di estorsione di cui accennavamo, avrebbe anche esercitato “una pressione psicologica e morale, anche in forme allusive e velate”, su un uomo di fiducia dell’amministratore della ditta aggiudicataria.
Lo scopo sarebbe stato quello di costringerlo a scegliere il personale da impiegare nel servizio, ovvero ottenendo che venissero assunti soggetti a lui vicini o legati da vincoli di parentela.
L’anno successivo invece, sempre in riferimento alla stessa gara non avrebbe svolto il suo ruolo di Responsabile del procedimento amministrativo, dichiarando falsamente di non avere rapporti di incompatibilità con alcuno nonostante avesse partecipato e vinto la gara B.V., suo familiare e titolare di un’impresa costituita ad hoc, che ottenne così un vantaggio ritenuto “ingiusto” di 67mila euro, quando invece sarebbe dovuto rimanere escluso a prescindere dalla procedura per assenza di requisiti.
L’impiegato comunale, poi, avrebbe agito “nell’interesse” dell’impresa del familiare, che di fatto avrebbe gestito personalmente, impiegando anche 350 euro di denaro pubblico per far ottenere la certificazione HACCP ai dipendenti e al mezzo impiegato per la distribuzione dei pasti ed all’impresa stessa.
Nell’ambito delle indagini, infine, si sarebbe scoperto che Palamara avrebbe sostenuto, sempre falsamente, di non avere rapporti di incompatibilità con alcuno quanto all’aggiudicazione di due borse lavoro per assistente educativo scolastico,
Il funzionario, infatti, avrebbe dichiarato vincitore un suo familiare che avrebbe invece dovuto essere escluso poiché la domanda presentata era sprovvista della documentazione necessaria a corredo.