Centinaia di sindacati intestati ad un “fantasma”: così hanno truffato l’Inps, in 11 in manette
Avrebbero fatto ottenere a ben 152 persone delle indennità previdenziali grazie a dei rapporti di lavoro fittizi e così facendo cagionando un danno all’Inps quantificato in circa 750 mila euro.
Questo in sintesi quanto emergerebbe da un’indagine della Guardia di Finanza di Gioia Tauro, che insieme al personale del Nucleo Pef di Roma e degli altri Reparti del Comando Provinciale di Reggio Calabria, stamani hanno fatto scattare l’operazione chiamata in codice “Ghimpu” (LEGGI), eseguendo undici arresti e sequestrando beni, in tutta Italia, ai presunti beneficiari delle “provvidenze”, ovvero le oltre 150 persone di cui accennavamo.
A quest’ultime gli inquirenti contestano il concorso nella truffa aggravata di cui devono rispondere, invece, gli undici arrestati ai quali viene additato anche il reato di falsità materiale anche con l’induzione in errore di funzionari dell’Agenzia delle Entrate, ed altro.
Le misure - eseguite stamani tra Gioia Tauro, Palmi, Reggio Calabria e Roma, dove sono stati effettuati anche i sequestri preventivi - hanno colpito Giuseppe Carbone, 57enne di Palmi; Claudio Castaldo, 43enne di Gioia Tauro; Francesco Lovecchio, 44enne di Roma; Salvatore Calabria, 42enne di Roma; Alessandro Taverna, 50enne di Roma; Bruno Arena, 52enne di Reggio Calabria; Pasquale Saccà, 41enne di Gioia Tauro; Vincenzo Parisi, 53enne di Palmi; L.Z., 53enne di Palmi; Gaetano Bellamace, 65enne di Gioia Tauro e Demetrio Scuderi, 59enne di Reggio Calabria.
LE ASSOCIAZIONI SULLA CARTA E I LAVORATORI FITTIZI
Le indagini, coordinate dal Procuratore di Palmi, Ottavio Sferlazza, e dai sostituti Ignazio Vallario e Daniele Scarpino, hanno consentito di acquisire dei gravi indizi sulla presunta esistenza di un’associazione a delinquere, della quale quattro degli indagati di oggi - Giuseppe Carbone, Francesco Lovecchio, Claudio Castaldo e Salvatore Calabria - si ritiene fossero tanto i promotori che gli organizzatori. Secondo gli inquirenti, della “struttura” avrebbero fatto parte anche dei consulenti del lavoro.
Il tutto è partito dall’analisi di una serie di cosiddetti “indici di anomalia” riscontrati da ispettori dell’Inps di Cosenza che, a seguito di un controllo e di riscontri, hanno acquisito degli elementi che avrebbero portato alla luce l’esistenza, sebbene solo cartolarmente, di associazioni sindacali e di diversi rapporti di lavoro instaurati con le stesse.
Le fiamme gialle hanno così voluto vederci chiaro, ed hanno acquisito una considerevole mole di documenti, arrivando alla conclusione che il presunto gruppo criminale, per lucrare in modo illecito sulle erogazioni pubbliche destinate alla tutela dei lavoratori, avrebbero costituito, appunto, una serie di associazioni sindacali in realtà inesistenti, con tanto di sedi fittizie e apparenti e di ignari rappresentanti legal.
Per il tramite di queste, e dopo aver richiesto un codice fiscale per soggetti inesistenti, avrebbero attestato falsamente l’instaurazione di rapporti di lavoro e, poi, chieste e ottenute prestazioni previdenziali come quelle di disoccupazione, malattia e maternità.
Entrando ancora nel dettaglio, gli investigatori sostengono che avrebbero anche tratto in errore il personale dell’Agenzia delle Entrate, proprio facendo richiesta ed ottenendo i codici fiscali di cui parlavamo, e per soggetti inesistenti sia italiani che stranieri.
LA FANTOMATICA GHIMPU A CAPO DI CENTINAIA DI SINDACATI
Un meccanismo che sarebbe stato possibile creando e utilizzando dei documenti d’identità anch’essi falsi, come nel caso emblematico di una fantomatica Elena Ghimpu - da cui ha preso appunto il nome l’operazione - che formalmente sarebbe stata la rappresentante legale di oltre un centinaio di sedi territoriali di sindacati presenti su tutto il territorio nazionale, rispondenti alle sigle Fic, Anli, Fapi, Confsal-Faspi e, infine, l’Associazione Sindacale Lavoratori Stranieri: ovviamente “tutte assolutamente false ed utilizzate solo per la perpetrazione della frode”, affermano gli inquirenti..
Nel corso delle indagini, ancora, sarebbe stato anche accertato come le sedi nazionali delle stesse associazioni, tutte riconducibili agli indagati, fossero indistintamente ubicate in un unico immobile a Roma, e che era nella disponibilità di Francesco Lovecchio.
“Nel vano tentativo di eludere le indagini e di sottrarsi alle proprie responsabilità, a seguito di atti ispettivi eseguiti da personale dell’INPS o di attività di controllo poste in essere dai militari della Guardia di Finanza” spiegano ancora i militari “alcuni indagati hanno addirittura simulato di interloquire direttamente con la citata Ghimpu Elena”.
Le fiamme gialle ovviamente non ci sono cascate, eseguendo delle laboriose indagini finanziarie su numerosi conti correnti bancari o sulle carte prepagate indicate nei moduli delle richieste per l’ottenimento delle indennità.
Ed è così che sono arrivati ad accertare che i reali beneficiari delle erogazioni dell’Inps, insieme a numerosi soggetti che non avevano prestato alcuna attività lavorativa (e destinatari oggi del sequestro preventivo), fossero invece gli stessi arrestati o loro familiari.