Violenza di genere: diritto all’alloggio per le vittime, a Reggio assegnati beni confiscati
Il Comune di Reggio è il primo della Calabria che ha risposto all’appello che nel novembre scorso Mario Nasone e Giovanna Cusumano, rispettivamente coordinatore e vice coordinatore dell’osservatorio regionale sulla violenza di genere, avevano rivolto ai Comuni calabresi evidenziando come quello abitativo è un problema molto sentito dalle donne vittime di maltrattamenti, che spesso avvengono proprio in ambito domestico.
Donne che sono costrette a lasciare la propria casa insieme ai figli ed a chiedere ospitalità e sostegno alle case rifugio ed alle altre strutture di accoglienza operanti in regione che spesso non hanno posti disponibili. Nell’appello i referenti dell’osservatorio citavano la legge regionale n. 20 del 2007 che espressamente prevede che i Comuni, al fine di garantire adeguata assistenza alloggiativa alle donne, unitamente ai loro figli minori, che vengono a trovarsi nella necessità, adeguatamente documentata dagli operatori dei Centri antiviolenza e/o dagli operatori comunali, di abbandonare il proprio ambiente hanno diritto all’assegnazione di un alloggio nelle disponibilità del patrimonio edilizio dell’Ente Locale.
Normativa che in Calabria continua a non essere rispettata nonostante le numerose segnalazioni fatte da centri anti violenza e servizi sociali comunali di situazioni anche gravi in cui si ravvisano dei pericoli di vita per le donne ed i figli coinvolti. A questo appello una prima risposta l’ha data il Comune di Reggio grazie all’iniziativa della consigliera delegata ai beni confiscati Nancy Iachino ed al Dirigente Daniele Piccione che sono riusciti a definire l’iter che ha portato all’assegnazione di due appartamenti confiscati alla mafia a due donne vittime di violenza con figli minori.
Un primo segnale concreto di assunzione di responsabilità da parte di un Comune calabrese che l’osservatorio auspica che sia da esempio per altri Enti Locali. Per questo sarebbe cosa utile che l’ANCI calabria sottoscrivesse il protocollo che l’osservatorio aveva proposto da tempo proprio per favorire l’applicazione della legge 20 del 2007, parimenti sarebbe importante che il consiglio regionale approvasse il progetto di legge 285 fermo in terza commissione che preveda tutta una serie d’interventi importanti anche di tipo economico e lavorativo per le donne che vivono con i loro figli questa condizione di precarietà e di sofferenza e che chiedono concreta protezione e accompagnamento.
Purtroppo il bisogno di soluzioni abitative per queste donne cresce ogni giorno, grazie anche al lavoro delle forze dell’ordine - come quello della Questura di Reggio che con il programma Liana sta portando molte donne a denunciare- aumentando però le richieste di accoglienza che non sempre la rete dei centri di accoglienza riesce a soddisfare.
I beni confiscati che i vari comuni stanno acquisendo, compresa la Città metropolitana di Reggio Calabria, potrebbero essere destinati anche a progetti di semi autonomia, già sperimentati in altre regioni, per tutte quelle donne accolte nella case rifugio o seguite dai centri anti violenza che dopo il periodo di emergenza potrebbero, sapendo di potere usufruire di un alloggio e del sostegno di associazioni di volontariato e di cooperative sociali, iniziare un percorso di inserimento lavorativo e sociale. Una scelta di politica sociale che permetterebbe tra l’altro di liberare posti di accoglienza nelle strutture spesso sature e soprattutto di alleviare i costi psicologi e sociali che le donne che fanno queste scelte dolorose devono affrontare.