Sanità, sblocco rischia verifica del Tavolo Adduce: Cgil si appella al Governo
“Il caso “sanità Calabria” si risolve con una sola parola, già utilizzata di recente dal neo eletto Ministro della Salute: investimenti! Nell’edilizia sanitaria, dove si possono recuperare risorse, sottraendole al costo oneroso delle infinite manutenzioni necessarie per edifici ormai vetusti; investimenti nell’acquisto di attrezzature sanitarie e scientifiche, con procedure snelle che non facciano diventare obsoleti i macchinari nell’attesa della conclusione delle procedure amministrative; investimenti nel reclutamento di nuovo personale che vada oltre il normale turnover, per migliorare la qualità dell’assistenza, diminuire le liste d’attesa, rientrare negli standard di sicurezza sull’orario di lavoro, in ottemperanza alla Legge 161/2014, e per potere utilizzare al massimo delle loro potenzialità (e non solo per 6 ore al giorno) le nuove strutture e attrezzature”.
“Tutto ciò necessita di un intervento straordinario del governo centrale, per restituire ai cittadini calabresi non solo il diritto alla salute ma anche la fiducia nel servizio sanitario della loro Regione – ad affermarlo è la Cgil Calabria secondo cui “servono deroghe alla normativa in materia di stabilizzazioni: ci sono troppi precari che, per un blocco occupazionale o nelle more dell’espletamento di un concorso, hanno maturato più di 48 mesi garantendo i servizi; serve lo scorrimento delle graduatorie ancora valide; servono nuovi concorsi a tempo indeterminato e l’internalizzazione dei tanti servizi che, se svolti in appalto, comportano spreco di risorse pubbliche e sfruttamento di lavoratori sottosalariati, come abbiamo più volte dimostrato”.
“Ma servono, è giusto dirlo, anche amministratori competenti e autonomi politicamente. Troppo spesso abbiamo assistito alla nomina di direttori generali e di primari sulla base delle appartenenze e non della professionalità, che sono in gran parte responsabili dei disastri di gestione di questi anni. In definitiva – avanza la nota - crediamo che il fabbisogno regionale di servizi assistenziali debba andare di pari passo con il fabbisogno del personale necessario a fare funzionare tali servizi, affinché questi risultino efficaci ed efficienti. Altrimenti il livello di erogazione dei livelli essenziali di assistenza non raggiungerà mai gli standard di riferimento, passassero 100 anni di commissariamento e di rendicontazioni ai tavoli ministeriali! Ma di tali provvedimenti non c’è traccia nel cosiddetto decreto Calabria, che doveva costituire un salvagente, pagato al prezzo di rinunciare alle prerogative proprie del governo regionale in campo sanitario, come la nomina degli amministratori delle aziende sanitarie”.
“Un aspetto positivo del decreto-legge è la rimozione del blocco del turnover per le Regioni in piano di rientro. Ma per la Calabria lo sblocco rischia di essere vanificato dal risultato negativo delle verifiche del tavolo Adduce – spiega la sigla. Il problema è ancora in fase di valutazione, essendo in corso la ricognizione dei fabbisogni di personale, ma resta comunque legato alla operatività dei nuovi commissari aziendali. La loro nomina, ora in capo al commissario governativo, resta inevasa per gran parte delle aziende, aggravandone lo stato di crisi. Al governo centrale, che sta progettando nuovi modelli e nuove regole per il servizio sanitario nazionale che presenta molti punti critici non solo nelle Regioni fortemente indebitate, un appello chiaro e forte: la Calabria – chiudono - ha bisogno di un’attenzione e una cura particolare, perché bisogna restituire ai calabresi il diritto a curarsi anche nella propria terra”.