“Reggio in Jazz”, serata ipnotica di Montellanico
Al più classico degli American Songbook, lei, ha preferito da tempo una sofisticata rielaborazione jazz delle “perle nascoste” del pop italiano dal più blasonato marchio cantautorale. Ada Montellanico, star della prima giornata di “Reggio in Jazz” 2019, non ha tradito le aspettative.
La Tencology messa in scena al Teatro Metropolitano di Reggio Calabria dal quartetto della bravissima cantante romana (Enrico Zanisi al piano, Jacopo Ferrazza al contrabbasso, Alessandro Paternesi alla batteria) ha messo in circolo introspezione e intimismo genuini: toni composti e intensità sono le cifre di una convincentissima reinvenzione di gemme micidiali e misconosciute dell’immenso cantautore che fu Luigi Tenco, cui Ada Montellanico per precisa scelta paga tributo da vent’anni; il capostipite della “scuola genovese” cui la splendida singer italiana ha dedicato album, come per il Tenco “minore” cantato ne L’altro Tenco e poi Danza di una ninfa, in cui la stessa Montellanico ha musicato due poesie inedite dell’autore genovese e il grande pianista Enrico Pieranunzi altre due, mille live e persino un libro, Quasi sera. Una storia di Tenco.
Ecco allora la struggente Se sapessi come fai («Se sapessi come fai / a esser sempre così certa che io / dico, dico, ma poi alla fine / vengo sempre a pregarti non andar via…»), Se qualcuno ti dirà e ancòra Ti ricorderai (che all’autore piacque talmente da suggerirgli il titolo dell’indimenticabile album del ’67, effettivamente intitolato da Tenco “Ti ricorderai di me”) e, quanto ai testi inediti tenchiani musicati in “Danza di una ninfa”, la semplice e al contempo struggente Da quando.
Non solo Luigi Tenco, comunque: ad esempio anche alcuni tra i brani scritti dalla stessa Ada Montellanico che hanno contribuito a fare la storia del jazz italiano (per esempio, Trepido sguardo dall’album del 2011 “Suono di donna”, in cui l’omaggio ad alcune tra le più brillanti stelle del firmamento internazionale coinvolse Maria Schneider ma pure Joni Mitchell, Carla Bley ma anche Carmen Consoli e Ani DiFranco).
«…E nelle pieghe della mano / una linea che gira, e lui risponde serio / “È mia”; sottintende la vita»... Emozioni da vendere, appena la cantante intona un’emulsione purissima del più denso, significativo cantautorato italiano come Pezzi di vetro di Francesco De Gregori. Se possibile, si sale ulteriormente con la magnetica – vocalmente, e non solo – rendition di Passalento, splendido prodotto musicale di Ivano Fossati (a proposito di “scuola genovese”) che la Montellanico, in perfetta linea con le intenzione di chi la scrisse, dedica ai fratelli in arrivo da lontani Paesi del mondo meno fortunati.
C’è ancòra tempo per un altro brano di Tenco ingiustamente in ombra (quantomeno in termini di successo popolare), Tu non hai capito niente, pubblicato nel ’65 per la Jolly e presto caduto nel dimenticatoio benché, o forse proprio perché incluso in un album dall’enorme successo, “Luigi Tenco”, che includeva hit del calibro di Ragazzo mio (poi interpretata fra gli altri dalla bagnarese Loredana Bertè) e Vedrai, vedrai.
Ma la conclusione vera, quella del richiestissimo bis, è invece un’interpretazione – la celeberrima Mi sono innamorato di te , brano tenchianamente melanconico epperò decisamente internazionale per notorietà e gradimento riscontrato – che la Montellanico concede per certi versi malvolentieri: non rispetto alla platea, nei cui confronti si spende con allegra generosità, ma sotto il profilo concettuale della ferma volontà dell’artista capitolina di rifuggire riletture banali e di non sottoporsi ad applausi facili, legati alla celebrità di un brano anziché alla validità della sua metamorfosi, improvvisazione inclusa.
Nel pomeriggio, un paio d’ore prima dell’esibizione canora, sempre al “Teatro Metropolitano” s’è svolta la gradevole dissertazione seminariale di Ada Montellanico su un tema d’indiscutibile fascino: Le Signore del jazz. Davanti a tanti appassionati, un percorso ben studiato per introdurre e circostanziare l’arte immortale di jazzladies come Billie Holiday, Ella Fitzgerald e Sarah Vaughan, attraverso i testi, le interpretazioni dell’epoca e pertinenti video sul tema.