Inaugurata al Marca la mostra di Pino Pingitore
Si intitola “L’anima e la visione/1969-2019. 50 anni tra ricerca artistica e progettazione grafica” la mostra di Pino Pingitore inaugurata al Museo della arti di Catanzaro. La struttura, diretta da Rocco Guglielmo, celebra Pingitore nella mostra che potrà essere visitata fino al 31 gennaio 2020.
Un artista poliedrico che in questo anno compie 50 anni di attività che lo hanno visto impegnato su due direttrici: quello della ricerca artistica e quello della progettazione grafica, discipline che, per la prima volta, vengono presentate insieme in un unico contesto espositivo. La mostra, che ha carattere retrospettivo, coinvolge due piani del museo: al primo piano trovano posto oltre 30 opere, alcune realizzate per l’occasione, che documentano un percorso artistico molto articolato e, per certi aspetti, unico nelle sue differenze che, di fatto, sottolinea una continua, incessante volontà di sperimentare.
Un progetto, quello della personale inaugurata ieri sera, che Pingitore coltivava da molto tempo e che ha potuto realizzare “grazie alla sensibilità del direttore artistico del Museo Marca, Rocco Guglielmo che ha creduto in questa operazione – ha affermato -. La mostra si sviluppa due piani, il piano nobile è dedicato alla ricerca artistica e il piano interrato alla progettazione grafica. Si tratta di una produzione molto articolata perché negli anni in qualche misura ho voluto bandire lo stile, non era nelle mie corde protrarlo per tutta la mia esistenza artistica.
“Ho sempre avuto la passione per ricerca incessante”. A rendere omaggio al maestro Pingitore tanti amici, estimatori, appassionati e cittadini che lo conoscono per la sua attività soprattutto grafica. Un grande affetto che Pingitore ha voluto cogliere ringraziando e salutando i presenti, in particolare – oltre al direttore artistico e presidente dell’omonima Fondazione, Rocco Guglielmo – il vice sindaco e assessore alla Cultura, Ivan Cardamone; Giorgio Bonomi, che è curatore della mostra assieme a Luigi Polillo; il critico Raffaele Orlando e Giulio Girondi, l’editore del catalogo bilingue (casa editrice Il Rio).
“Una mostra che conferma ancora una volta l’alto valore del patrimonio culturale del nostro territorio, attraverso una figura espressiva del panorama artistico locale di cui è rimasto parte integrante – ha affermato il direttore Guglielmo -. La mostra è una visione unica sulla vita creativa di Pino Pingitore: a partire dalle nette geometrie delle prime opere degli anni Sessanta, in cui si trova intatto il fenomeno culturale di quel periodo, per poi attraversare il lasso di tempo in cui prevale la sperimentazione ed in cui il suo lavoro intreccia quello degli artisti dell’avanguardia astratta. La stessa attenzione che questo Museo dedica al territorio vorrei che il territorio lo dedicasse a questo museo – ha aggiunto Guglielmo -. Molto spesso siamo portati a lamentarci della inesistenza dell’attività culturale in questa città invece sia il San Giovanni, con la direzione di Cardamone che il Marca conducono una grande attività”.
Opere come finestre sul mondo, quelle di Pingitore, che non si limitano soltanto a rappresentare la fantasia dell’artista e la sua immaginazione, ma vanno oltre, oltre le spazio circoscritto, per dialogare più apertamente con il pubblico. “Pino Pingitore - afferma Giorgio Bonomi - è una figura complessa nel panorama dell’arte contemporanea: infatti nel suo, ormai, lungo percorso artistico, ben cinquant’anni, ha transitato in territori pittorici certamente diversificati, a volte contrastanti ma mai contraddittori. Da una fase creativa ad un’altra, spesso Pingitore ritorna alla precedente, naturalmente senza essere mai uguale, con un itinerario che non può raffigurarsi con un cerchio in cui si parte da un punto e si ritorna sempre allo stesso, bensì dobbiamo immaginarlo come una spirale che implica sì un cammino circolare ma che non ritorna mai al punto di partenza, anzi via via si innalza, pur rivedendo il cominciamento”.
Il percorso espositivo parte dall’esperienza del Gruppo Mauthausen, già ospitato al MARCA nel 2014 per il quarantennale della mostra del 1974 e si chiude con gli “Astratti fluidi”, opere che segnano il ritorno al colore e al recupero dello sfumato in chiave astratta. “Quella di Pingitore è un’espressione artistica basata sul colore in cui la nozione di spazio è annullata dall’infinita scala cromatica legata al suo processo creativo - spiega Luigi Polillo; il contrasto voluto tra luce e oscurità non crea dissonanza, piuttosto i due elementi si completano in un armonica dualità intesa come equilibrio e simmetria di forze, un’azione sensibile e morale del colore. L’artista elabora ed amplia il “frammento digitale” riportandolo sulla tela tramite la tecnica dello sfumato. L’opera di Pingitore si configura come una ricerca che non lascia “diritto di cittadinanza” ad una poetica chiusa in se stessa, ma si apre, nel tempo, a linguaggi diversi che costituiscono, in definitiva, la cifra stilistica dell’artista”.
Nel seminterrato trova poi spazio un’esposizione, unica nel suo genere, di lavori di progettazione grafica suddivisi per aree tematiche: si va dai marchi aziendali e non, passando per i manifesti e i decori per arrivare ai lavori di impaginazione e packaging: dalla confezione del Caffè Guglielmo, a quello dell’acqua Sorbello e perfino il Logo dell’Azienda della mobilità cittadina di Catanzaro.
“I pittogrammi, ritagli netti di organica riconoscibilità, si stagliano dall’immaginario scritturale dell’artista fino a divenire linguaggio autonomo. La percezione della figura avviene attraverso contrasti, per vuoti e per pieni, assenze e presenze che travalicano la realtà visiva per giungere a quella emozionale – spiega Raffaele Orlando -. Tutto è a portata di mano e illuminato ma al contempo distante, sacralizzato da una deliberata da una oscurità primigenia. Il piacere di cogliere la maniacalità delle composizioni e l’incontro minimalista tra linee rette e curve è aumentato dal mistero di fondo del simbolismo significante. Nel packaging sublima forme arcaiche nell’usa e getta contemporaneo. Dona forme ancestrali a bottiglie d’acqua, riferimenti millenari per un prodotto plastico dalla vita breve, da riciclare. L’immagine è una chiave per la comprensione di ricordi ed emozioni sepolte”.