I magistrati calabresi nella Capitale della ‘ndrangheta: tra “pervasività” e “populismo giudiziario”

Calabria Cronaca

Nonostante l’imprevisto che ha visto protagonista suo malgrado Luciano Gerardis, presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, che ha accusato un malore e svenendo proprio mentre leggeva il suo intervento, si è tenuta oggi regolarmente, e anche in Calabria, la consueta cerimonia di inaugurazione del nuovo anno giudiziario.

I lavori sono iniziati con le relazioni dei magistrati a capo dei Distretti. Significativo, in tal senso, l’intervento del presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, Distretto importante, considerando che accorpa quattro delle cinque province calabresi.

Domenico Introcaso ha così sviscerato un dato allarmante, quello degli oltre 2300 affiliati alla ‘ndrangheta nel solo distretto di suo competenza che, ha ribadito, registra un Indice di criminalità organizzata, il cosiddetto “Ioc”, troppo alto e in tutti i tribunali di competenza, soprattutto in quelli di Crotone e Vibo Valentia.

La ‘ndrangheta, insomma, sempre più presente e pervasiva e che - secondo il presidente della corte d’Appello - trarrebbe ancor più linfa dalla crisi economica che attanaglia il nostro Paese nel complesso, essendo un’organizzazione capace di espandersi, con uno schema proprio, “aggredendo” le aree “sane” dell’economia “cosiddetta legale”.

Una strategia”, ha spiegato ancora Introcaso, attuata tentando, e riuscendo nei più dei casi, a sostituirsi addirittura a quegli “imprenditori storici” che proprio per il fattore crisi si trovino in difficoltà economiche e, dunque, “incapaci di reggere il mercato”.

Una sostituzione - ha sottolineato ancora - che avverrebbe per il tramite di soggetti che, sebbene non appartenenti alla criminalità organizzata, sarebbero “cooptati” proprio dagli stessi imprenditori in una “logica non di corruzione dell’imprenditore sano bensì di esercizio, in sua vece, di attività legittima formalmente ma finalizzata al reimpiego dei capitali illeciti e all’evasione della normativa”.

Da qui il passo successivo, breve, ovvero quello del controllo, spesso monopolistico, delle enormi risorse garantite dagli appalti pubblici e dunque la conseguente necessità di assicurarsi una “complicità degli organi pubblici e politici che, inevitabilmente, conduce poi alla corruzione elettorale, alla “formazione del consenso” e alla “raccolta” dello stesso, ha puntualizzato Introcaso, spiegando come ciò consenta alla criminalità di far “eleggere propri intranei”.

LA CAPACITÀ DINAMICA E L'INTERNAZIONALIZZAZIONE

Il presidente del distretto catanzarese l’ha definita, insomma, come “una capacità dinamica” della ‘ndrangheta di creare “organismi politici e amministrativi intermedi” facilmente “aggredibili”.

Un sistema che ha consentito alla mafia calabrese una diffusione nazionale ed anche internazionale. Introcaso non ha a caso ha sviscerato alcuni dati, in particolare quelli del Ministero dell’Interno che ha censito la presenza delle cosiddette “locali” nel nord del Paese: 25 quelle presenti in Lombardia, tre nel Piemonte, quattro in Liguria e una anche in Valle d’Aosta, “strutture” a cui vanno ad aggiungersi “quelle di giudiziale accertamento in Emilia e nel centro Italia”.

Il presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, poi, ha fatto anche cenno ai problemi interni che vive la stessa magistratura, parlando dei trasferimenti avvenuti negli ultimi tempi ma, ribadendo con forza, “a nome di tutti i 292 magistrati togati in servizio”, ha sbottato Introcaso, “che solo attraverso la giurisdizione, l’accertamento rigoroso dei fatti, si possono recuperare gli elementi identitari di noi, chiamati a iusdicere”.

Infine l’invito a fugare” la mancanza di fiducia degli italiani nella giustizia e nei magistrati: “Le recentissime, gravissime vicende, che hanno portato i nostri uffici a ingiusta gloria mediatica – ha affermato - hanno creato un clima di riflessione, dubbio, sfiducia nella società calabrese. Così come fonte di riflessione, dubbio è il fenomeno qualificato come populismo giudiziario, per cui i magistrati vengono individuati come Masaniello o Savonarola, in accezione e significato simmetricamente negativo di interpreti del popolo, in esposizione mediatica assertiva e senza riflessione sui fenomeni”.

LA "POLTIGLIA VISCOSA CHE TUTTO CONTAMINA"

Importante anche l’intervento del presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Gerardis, rientrato dopo l’iniziale malore, e che ha sottolineato un fatto ormai “storicizzato”, ovvero come la città dello Stretto sia la “Capitale della ‘ndrangheta”, una condizione a suo dire dovuta anche all’inadeguatezza della dotazione di risorse per l’esercizio della giurisdizione.

Per Gerardis, insomma, Reggio Calabria offrirebbe di sé una “immagine sfregiata” rispetto alle positività che riesce comunque ad esprimere. Una condizione dovuta anche alla incapacità di eliminare le “commistioni tra ambienti malavitosi ed appartenenti ad istituzioni, ordini professionali, mondo economico e potere politico, e ciò dà l’idea di una poltiglia vischiosa che tutto contamina”.

Da qui l’invito ai togati e alle istituzione a tenersi “lontani da centri di potere inquinanti”, a non frequentare “soggetti di dubbia fama”, così come al “non partecipare ad aggregazioni la cui appartenenza può dare anche l’impressione d’inammissibile perdita di trasparenza, indipendenza e terzietà”.

Ultimato l’intervento, Gerardis ha assistito al prosieguo della cerimonia ma un secondo malore ha richiesto l’intervento del medico in servizio alla caserma allievi carabinieri “Fava e Garofalo”, dove si sta svolgendo la cerimonia, che ne ha disposto l’immediato ricovero in ospedale.

La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, ha dunque subito una nuova interruzione, ed è poi ripresa con l’intervento del Procuratore generale Bernardo Petralia per poi concludersi con largo anticipo rispetto al programma previsto.