Rende, il comune delibera costituzione società mista per l’acqua
Il Coordinamento Calabrese per l’acqua pubblica “Bruno Arcuri” è venuto a conoscenza che il comune di Rende ha deliberato la costituzione di una società mista pubblico-privato nella quale il privato ha una quota non inferiore al 40%, per l’affidamento di una serie di servizi di interesse sociale, quali il trasporto pubblico, servizi cimiteriali, spazzamento, etc. Le giustificazioni vengono ricondotte alla necessità dell’adeguamento alla legge n.133 del 16/08/2008, ma queste motivazioni non hanno motivo di esistere. Innanzitutto, perchè le disposizioni previste dalla legge Ronchi decorrono dal 01/01/12. Sarebbe opportuno aspettare l’esito del referendum sull’acqua che dovrebbe celebrarsi ,nella prossima primavera, in una data da stabilire tra il 15 Aprile al 15 giugno. Non solo, uno dei due quesiti di cui si chiede l’abrogazione riguarda l’art. 23-bis della legge n. 133, prima citata, che prende in considerazione, oltre l’acqua, proprio quei servizi locali, che sono trattati nella delibera approvata dal comune di Rende. Ma esiste una motivazione più dirimente che permette all’Amministrazione di Rende di bypassare l’art.23-bis della legge 133. Non è vincolante infatti aprirsi al mercato nei servizi di interesse generale. Il prof. Alberto Lucarelli, uno degli estensori dei quesiti referendari, ordinario di diritto pubblico all’Università di Napoli “Federico II”, presente al convegno svoltosi lo scorso 19 gennaio all'Unical, per chiarire queste problematiche, alla luce della sentenza della corte costituzionale che si era espressa in merito al ricorso presentato da alcune regioni, cosi si esprime nel merito: “Pacifico è il diritto che continua a essere riconosciuto ai comuni di decidere sulla sussistenza dell'interesse non economico del servizio. In quest'ultimo caso, una volta classificato il servizio di interesse generale privo di rilevanza economica, il regime delle competenze si snoderebbe tra potestà legislativa delle regioni e potestà statutaria e regolamentare comunale. Pertanto, i servizi di interesse economico generale, in quanto non omogenei ai servizi pubblici locali a rilevanza economica, non sarebbero identificabili con la regola della concorrenza, mercato, privatizzazioni. In questo senso, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ribadito l'incomprimibile autonomia degli enti locali di non ricorrere al mercato. Un chiaro collegamento tra potere insopprimibile che va garantito all'ente locale di scegliere il proprio modello pubblico e l'autonomia dei comuni. L'auspicio è che finalmente si apra un dibattito serio, senza pregiudizi e faziosità, che riconosca il giusto spazio ai comuni e al regime pubblico e che si sappia confrontare con il diritto pubblico europeo dell'economia, quale insieme di principi, regole, comportamenti tesi a bilanciare l'arroganza e l'invasività del diritto della concorrenza "all'italiana", frutto di una diabolica commistione tra assolutismo giuridico e politico”. L’amministrazione di Rende non si può nascondere dietro un dito: si modifichi lo statuto comunale, inserendo la dicitura che una serie di servizi tra cui acqua, trasporti pubblici etc. sono di interesse generale. Si eviterebbe in questa maniera di rientrare nei dispositivi della legge 133 e, quindi, poter gestire questi servizi direttamente, in maniera partecipata e pubblica, senza immettere servizi di primaria importanza nel mercato. Diversi comuni della Calabria hanno già deciso di intraprendere questa strada, approvando delibere-tipo proposte dal Coordinamento. E’ un modo per appoggiare la campagna referendaria che sta partendo in questi giorni e potrebbe trovare nelle diverse amministrazioni una sponda concreta per vincere una sfida cosi impegnativa. Il milione e mezzo di firme raccolte in Italia e le oltre 45.000 in Calabria ci hanno aperto la strada. Non possiamo permetterci di fermarci. Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.