Call center. Sciopero in Calabria, la lettera di Stefano: “adesioni dell’80%”
Stefano Mancuso è un operatore di un call center e militante Cobas TLC Cosenza che ha deciso di aderire allo sciopero insieme agli operatori che “senza alcuna tutela da parte delle aziende”, sostiene, continuano a lavorare in un settore ritenuto “essenziale” nonostante la minaccia della pandemia in corso. Stefano ci ha inviato la lettera che pubblichiamo integralmente ed a seguire.
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“Oggi sciopero. Non lo faccio per appartenenza o dissenso verso le organizzazioni sindacali che lo hanno indetto o verso quelle che non lo hanno fatto. Lo faccio semplicemente perché, da lavoratore, lo ritengo giusto e doveroso.
Oggi sciopero perché non è possibile che a pagare siano sempre gli stessi, e anche se in condizioni fuori dal normale, anche senza la possibilità di manifestare e incontrarsi, anche se sarà simbolico, qualcosa in più andava fatto!
Ritengo giusto e doveroso scioperare anche io assieme alle lavoratrici e ai lavoratori Abramo. Non è possibile che abbiano ritardi negli stipendi e futuro incerto dopo tutti i rischi a cui si devono sottoporre per andare al lavoro.
Non è possibile che l’azienda impieghi settimane e settimane per mandare tutti in smart working, l’unica modalità di lavoro sicura al momento, e nel mentre i lavoratori vengano esposti al rischio di contagio come nel caso della sede di Crotone.
Non è possibile che vengano dichiarate essenziali attività che in realtà non lo sono e che su questo le aziende ci marcino ritardando l’adozione delle misure anti contagio, ritardando l’adozione dello smart working, esponendo i lavoratori e l’intera popolazione a rischi inutili.
Ritengo giusto e doveroso scioperare non solo per i colleghi Abramo o per i call center dell’area urbana di Cosenza, ma anche per tutti i miei quasi centomila colleghi e colleghe in tutta Italia che provano a tutelarsi in ogni modo, tantissimi dei quali ancora al lavoro nelle sedi fisiche e alle prese con situazioni a dir poco drammatiche.
Per oggi le bollette, gli abbonamenti, le informazioni commerciali, i contratti più o meno vantaggiosi, per oggi tutte queste amenità possono aspettare.
Lo faccio per i due colleghi morti a Milano e Roma, per le migliaia di lavoratori infettati a causa della religione del profitto, del #lombardianonsiferma, della tracotanza e della cecità della Confindustria e di chi li accontenta in ogni occasione.
Lo faccio per chi fa lavori essenziali ma normalmente viene trattato malissimo. Per i lavoratori e le lavoratrici dei supermercati, della GDO, per quelli della logistica, che si fanno il mazzo e si ammalano. Per i lavoratori dell’agroalimentare, per i braccianti africani trattati come schiavi e ammazzati come cani (ricordate Soumaila Sacko?), che ci permettono, ieri come oggi, di avere frutta e verdura fresca sulle nostre tavole ma anche per tutti quelli che mi sto dimenticando.
Salari da fame, precarietà, disoccupazione, emigrazione, disastri ambientali e più di mille morti sul lavoro ogni anno già senza Covid19, ricordiamocelo!
Lo faccio perché questo sarà solo il primo di una lunga serie di scioperi e mobilitazioni che saranno necessarie per difendere le nostre condizioni di vita in quella che è già una lunga e fase di ristrutturazione sociale ed economica.
Lo faccio per rivendicare salario e diritti per i lavoratori, ma anche tutele e garanzie per tutta la popolazione. Garantire la moratoria di bollette, sfratti, affitti, mutui, riscossioni. Garantire una casa decente e un reddito di quarantena per tutti i lavoratori a nero, i precari, i migranti, per tutti quelli che non ce la fanno. Garantire assunzioni e investimenti seri in sanità e ricerca, screening, mascherine e materiale protettivo per il personale sanitario e per la popolazione più esposta (che sicuramente è più ampia di quella a cui si fornisce assistenza al momento).
Lo faccio perché resistere, adesso come non mai, è una necessità vitale e lo sciopero è uno degli strumenti che ci rimangono. E se a me lo sciopero di oggi e queste dichiarazioni costano “solo” una quarantina di euro è perché a tanti altri prima di me è costato il posto di lavoro o conseguenze peggiori.
Lo faccio per mandare un segnale e provare a immaginare un domani diverso e migliore per tutti noi che di futuro ne vedevamo poco o non ne vedevamo proprio già da prima di questa maledetta pandemia. Noi siamo il 99% e le nostre vite valgono più dei loro profitti”.
Stefano Mancuso