Svolta in un “cold case” di 15 anni fa. Due arresti per l’omicidio di Antonio De Pietro
La Squadra Mobile di Vibo Valentia ha eseguito ordine un ordine di arresto - emesso dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo di regione - portando in carcere Michele Fiorillo, meglio noto come “Zarrillo”, e Rosario Battaglia, detto “Sarino”, entrambi tra l’altro coinvolti nell’inchiesta Rimpiazzo contro il cosiddetto clan dei Piscopisani (QUI).
I due, insieme a Rosario Fiorillo, detto “Pulcino” - all’epoca dei fatti quindicenne, e per il quale si procede separatamente, ed anch’egli coinvolto nell’inchiesta Rimpiazzo (QUI) - sono ritenuti i responsabili dell’omicidio di Antonio De Pietro, avvenuto 15 anni fa nei pressi del cimitero di Piscopio, esattamente l’11 aprile del 2005, quando la vittima fu assassinata con diversi colpi d’arma da fuoco che lo attinsero alla testa.
Le investigazioni condotte dalla mobile hanno dato conto della oculata predisposizione di luoghi e mezzi utilizzati dai presunti assassini che secondo gli inquirenti avrebbero agito per vendetta dettata da ragioni familiari ed economiche. De Pietro sarebbe stato ritenuto “colpevole” di aver avuto una relazione extraconiugale con Maria Concetta Immacolata Fortuna, madre di Rosario Fiorillo, a causa della quale la donna avrebbe quasi dilapidato il patrimonio dell’intera famiglia.
Un rapporto che gli investigatori sostengono fosse fortemente osteggiato dal figlio, Rosario, che è considerato l’esecutore materiale del delitto e che avrebbe proprio agito indisturbato grazie all’aiuto degli arrestati di oggi.
Le primissime attività investigative eseguite all’epoca del fatto di sangue, avevano portato già ad un fermo di indiziato di delitto nei confronti dei presunti responsabili, provvedimento che, tuttavia, non era stato convalidato per carenza di gravità indiziaria, con la conseguente scarcerazione degli stessi.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Raffale Moscato e Andrea Mantella, riscontrate puntualmente dagli investigatori della Squadra Mobile vibonese, hanno poi permesso di acquisire ulteriori elementi che sono quindi alla base del nuovo provvedimento restrittivo.
Agli indagati vengono contestati anche i reati di detenzione e di porto di armi in luogo pubblico, oltre che le aggravanti del metodo mafioso e della premeditazione.