Bancarotta e reati tributari, un arresto e quattro denunce. Perquisizioni anche a Cosenza

Cosenza Cronaca

È ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta e reati fiscali un imprenditore residente in provincia di Foggia. L’uomo, C.D., 60enne, è finito in carcere dopo essere stato raggiunto da un’ordinanza eseguita dai militari della Guardia di Finanza di Bologna, in collaborazione con il Comando Provinciale del capoluogo pugliese e su richiesta del Gip del Tribunale locale, Domenico Truppa.

Contestualmente alla misura cautelare e ai sequestri sono state eseguite numerose perquisizioni locali in provincia di Foggia, Venezia, Verona, Treviso, Rovigo ma anche di Cosenza.

In particolare, nel corso delle attività è stato anche rintracciato a Treviso e arrestato un uomo indagato nell’ambito dell’operazione odierna, sul quale pendeva un Ordine di carcerazione per reati connessi al traffico di droga.

Nell’operazione di questa mattina, denominata “Doppio Pacco”, il gip ha inoltre denunciato altre quattro persone e ha disposto il sequestro di beni e disponibilità finanziarie per 3 milioni di euro.

Sono state cautelate inoltre 15 autovetture e somme fino all’ammontare di poco più di 1,9 milioni di euro, considerati come il provento del reato di bancarotta, ed il sequestro preventivo per equivalente di beni immobili, mobili e disponibilità finanziarie fino all’ammontare di oltre un milione corrispondente al valore delle somme che si ritiene sottratte al pagamento delle imposte.

Le indagini, eseguite dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Bologna sotto la direzione della Procura della Repubblica, nella persona di Nicola Scalabrini, avrebbero consentito di far luce sulle vicende relative al fallimento di una società operante nel settore della compravendita di autovetture ed altri beni, affermata nella zona di Cerignola e la cui sede era stata successivamente trasferita nel capoluogo emiliano.

Gli approfondimenti avrebbero delineato numerose condotte illecite da parte dell’imprenditore finito in carcere che, nell’arco di circa cinque anni, si sarebbe reso responsabile non solo di reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale e per operazioni dolose ma anche di altri di natura tributaria e di dichiarazione infedele, omessa presentazione di dichiarazioni fiscali e distruzione di documentazione contabile.

Secondo gli inquirenti sarebbe esistito un “progetto” consistente, in una prima fase, nel far “sparire” la società, spostandone la sede a Bologna a un indirizzo dove risultava sconosciuta e quindi irreperibile, e intestando le quote e le cariche a soggetti prestanome nullatenenti.

Successivamente, l’attività commerciale sarebbe proseguita in completa evasione di imposte (senza assolvere agli obblighi di registrazione, dichiarazione e versamento delle stesse) e commettendo truffe ai danni di ignari fornitori.

Questi ultimi, dopo il versamento di alcuni acconti, avrebbero ricevuto in pagamento assegni postdatati privi di copertura o resi irregolari alla data dell’incasso in quanto, nel frattempo, era cambiato l’amministratore formale e quindi la persona autorizzata alla firma della traenza alla data apparente dell’assegno.

L’irreperibilità della società e degli amministratori ha reso vano anche qualsiasi tentativo da parte dei creditori di poter far valere le proprie spettanze.

Comportamenti che hanno fatto sorgere, di conseguenza, e in capo all’impresa, ingenti debiti a cui la stessa non sarebbe più riuscita a far fronte, dal momento che i proventi derivanti dalla vendita dei beni aziendali (compresi quelli acquisiti in frode) sarebbero stati distratti dall’indagato dalle casse della società causandone inevitabilmente il fallimento.