Boss, parenti al 41bis e false residenze: pizzicati altri 37 furbetti del reddito di cittadinanza

Reggio Calabria Cronaca

Ancora altri “furbetti” del reddito di cittadinanza ed di nuovo, tra questi, “personaggi” che non è avrebbero assolutamente diritto. Come elementi di spicco della cosca di ‘ndrangheta locale, i quella dei Piromalli-Molè di Gioia Tauro; oppure soggetti già condannati e anche per reati gravi, come l’associazione mafiosa (due di questi al momento erano sottoposti persino alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno; e, infine, figure di vertice della stessa ‘ndrangheta del mandamento Tirrenico.

Ma non è tutto: donne che, intenzionalmente, non avrebbero segnalato agli enti competenti all’erogazione del beneficio la presenza nel proprio nucleo familiare di soggetti detenuti addirittura all’ergastolo ed al 41 bis, ovvero il carcere duro. Si tratta in questo caso di elementi di spicco del clan locale e gravati da misure cautelari personali o condannati per mafia.

Insomma un altro spaccato allarmante e soprattutto un danno alle casse dello Stato che si quantifica infatti in circa 279 mila euro, cifra che se non fossero intervenute le forze dell’ordine a bloccare questo “andazzo” sarebbe salita di almeno altri 134 mila di euro.

Tutto questo è quanto scoperto da una serie di controlli eseguiti dai carabinieri di Gioia Tauro col supporto specialistico del Nucleo Ispettorato del Lavoro, che al termine delle indagini e nel corso dell’operazione chiamata in codice “Jobless Money” hanno denunciato a piede libero 37 cittadini, di cui 33 italiani e quattro stranieri.

L’RDC A CONDANNATI INTERDETTI

Per arrivare a loro i militari hanno svolto della accurate verifiche incrociando i dei dati acquisiti con le informazioni presenti nelle banche dati in uso alle forze dell’ordine oltre che con riscontri sul campo, scoprendo numerose irregolarità nelle procedure di attestazione e del possesso dei requisiti previsti.

Diverse sono state infatti le anomalie emerse dagli accertamenti sui percettori. Oltre a quelli citati prima sono stati identificati cittadini che non indicavano lo loro residenza reale o i componenti del nucleo familiare: la norma consente infatti che l’Rdc sia concesso tenendo conto anche dell’effettivo “reddito familiare” e non solo del singolo richiedente.

Tra questi gli inquirenti fanno alcuni esempi, come quello di una madre e del figlio, entrambi percettori del reddito di cittadinanza, che avrebbero dichiarato di appartenere a due nuclei distinti, benché e nei fatti siano risultati conviventi e sotto lo stesso tetto.

Poi quello di un giovane che avrebbe modificato fittiziamente la sua residenza in un’abitazione diversa, rivelatasi essere invece un vero e proprio rudere fatiscente e in stato di abbandono, senza utenze né servizi.

Eclatanti, inoltre, i casi di altre persone che, nonostante fossero state destinatarie, dopo una condanna passata in giudicato, della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e quindi impossibilitati ad accedere a qualunque tipo di beneficio pubblico, erano riusciti ad ottenere comunque l’erogazione del reddito.

Un altro soggetto, infine, pochi mesi prima di ottenere il beneficio aveva invece comprato un veicolo nuovo, a conferma di un tenore di vita normale e comunque di un profilo soggettivo che non rientrasse nelle categorie previste dalla legge come possibili destinatari dell’aiuto economico.

Gli esiti delle indagini sono stati quindi ed immediatamente segnalati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Palmi, diretto dal Procuratore Capo Ottavio Sferlazza, che ha dato il proprio nulla osta all’interruzione dell’elargizione del sussidio per i 37 deferiti.

“Si tratta, in definitiva, di un’attività che, nelle diverse fasi, ha permesso di interrompere, ancora una volta, la percezione indebita di sussidi pubblici anche e soprattutto a favore di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata della Piana di Gioia Tauro, nel tentativo di porre le basi per l’affermazione di una giustizia sociale molto spesso compromessa dalle logiche mafiose”, commentano gli stessi investigatori.