La banda del buco finisce in trappola, sette arresti e luce su 14 furti

Vibo Valentia Cronaca

Colpi “quasi perfetti”, studiati minuziosamente ed eseguiti potendo contare su attrezzatture sofisticate e professionali ma anche sulla capacità di saperli usare con cura.

Almeno 14 - tanti sono quelli finora documentati dagli inquirenti - i furti avvenuti tra Cittanova, Taurianova e Polistena, che hanno fruttato un bottino totale di almeno 450 mila euro e che hanno preso di mira abitazioni private, aziende, supermercati, pasticcerie, bar-tabacchi ma anche uffici comunali.

Dietro alle azioni quella che gli investigatori hanno chiamato la “banda del buco” ed è un nome, questo, affibbiato non a caso ma che nasce proprio dal modo di operare, quasi sempre lo stesso, dei presunti malviventi.

La parola fine su questa serie sistematica di reati, che nella zona hanno creato anche un certo allarme tra la cittadinanza, ce l’hanno messa i Carabinieri della Compagnia di Taurianova che stamani fatto scattare le manette ai polsi di sette persone ritenute far parte proprio della stessa banda.

In cinque sono così finiti in carcere: Domenico Ascone, 39enne di Taurianova; Mihai Tudor, 35enne romeno ma residente a Cittanova; Gabriele Fosco nato il 45enne di Cittanova; Saverio Alessandro Fondacaro, 37enne di Rizziconi; Rocco Giovinazzo, 37enne di Rizziconi.

Altri due sono stati invece sottoposti ai domiciliari: si tratta di Gianina Elena Cazacu, 39enne romena ma residente a Cittanova e Diego Giovinazzo, 44enne di Rizziconi.

Le accuse contestategli sono di associazione a delinquere finalizzata a diversi delitti contro il patrimonio, furto aggravato, ricettazione, porto illegale di armi e violazione di domicilio.

LE TRACCE, LA BATTERIA E LE INDAGINI “RILETTE”

L’indagine è stata denominata appunto “Banda del Buco” proprio per l’abitudine di praticare dei vistosi fori nelle pareti e negli ostacoli che si incontravano davanti durante i colpi, ed stata avviata dai militari reggini alla fine del 2017, dopo una serie di furti avvenuti a distanza ravvicinata a Taurianova, Cittanova e Polistena, e che avevano interessato diverse abitazioni private e aziende e provocato, come dicevano, un rilevante allarme sociale.

I militari sono partiti da un’attenta analisi delle tracce lasciate dai malviventi nel corso del tempo, arrivando ad individuare un modo di agire comune, elemento che ha fatto subito pensare ad una vera e propria “batteria” che operava in modo organizzato e molto professionale e che metteva a segno colpi dai danni anche ingenti per i derubati.

Il successivo supporto di una attività tecnica di monitoraggio e il progressivo sviluppo e approfondimento delle investigazioni, ha portato poi a ricollegare gli indagati a dei precedenti furti e ad indagini che erano ormai destinate all’archiviazione ma che sono state invece “rilette” proprio alla luce di quanto scoperto e ricostruito progressivamente nel corso dei mesi successivi.

Il modus operandi era difatti molto caratteristico: gli autori, durante ogni singolo furto, per accedere agli obiettivi, eseguivano sempre dei fori, quando in un muro di cinta, se non in un solaio o in una parete esterna dell’edificio da colpire, oppure, ed in alcuni casi, anche nelle casseforti da aprire.

La velocità di azione dimostrata, il possesso di strumentazione professionale e costosa, le capacità tecniche del loro utilizzo e una dettagliata e profonda conoscenza del territorio, hanno sicuramente consentito al gruppo una certa possibilità di evitare le investigazioni e per diverso tempo.

LO SCHEMA RITUALE

Gli investigatori, poi, hanno appurato come gli indagati, che avevano numerosi precedenti anche per reati specifici, non solo vivessero nello stesso territorio ma che si conoscessero e frequentassero tra loro.

L’ipotesi è che avessero deciso di unirsi in un gruppo unico e stabile così da mettere a segno una serie di furti appunto e proprio nella loro zona, sfruttando le capacità di ognuno di loro e operando seguendo uno schema tipico e rituale.

Uno schema che prevedeva quindi e dapprima una accurata pianificazione e conoscenza dettagliata dei luoghi da svaligiare; poi si passava alla disattivazione e neutralizzazione dei sistemi di allarmi, rimuovendo le telecamere e portando via i registratori, ma anche utilizzando delle sostanze come il poliuretano espanso, una sorta di schiuma usata in edilizia, e manomettendo l’impianto elettrico staccandone i collegamenti.

Inoltre utilizzavano dei Jammer, ovvero dei disturbatori di frequenza per impedire la chiamata automatica dei sistemi di allarme, e delle ricetrasmittenti per comunicare fra se.

Il gruppo, quindi, avrebbe avuto la disponibilità della strumentazione tra l’altro costosa e professionale che gli permetteva di entrare negli “obiettivi e aprire casseforti, oltre ad avere un evidente capacità tecnica di utilizzarli.

Durante i “blitz”, poi, usavano sempre passamontagna o comunque indumenti tali da nascondere la loro identità ad eventuali ulteriori sistemi di video-registrazioni; o utenze cellulari intestate a soggetti stranieri; infine, prima dei colpi rubavano dei mezzi e autoveicoli da usare per commettere i furti.

IL PERMESSO DEI CLAN E I RUOLI

Un’altra peculiarità dell’associazione e definita “rilevante” sarebbero dei contatti con la criminalità organizzata locale. Gli inquirenti sostengono che vi fossero dei colloqui e incontri con esponenti della cosca Facchineri e Zagari-Fazzalari di Cittanova e Taurianova, nei periodi concomitanti ai furti, per ottenere l’autorizzazione o comunque il permesso di compiere i reati, sfatando il falso mito che dove le cosche di ‘ndrangheta sono forti non vengano commessi delitti di criminalità comune e predatoria.

L’indagine avrebbe anche portato a documentare i ruoli dei presunti appartenenti alla banda. Sempre secondo gli investigatori Mihai Tudor ne sarebbe stato il promotore ed organizzatore, attivandosi per reperire la strumentazione da scasso e coinvolgendo fattivamente la moglie, Gianina Elena Cazacu.

Inoltre avrebbe eseguito materialmente i furti in abitazioni ed in esercizi commerciali con le strumentazioni da scasso messegli a disposizione dai presunti sodali.

Giovinazzo, poi, è considerato anch’egli un organizzatore, mettendosi a disposizione degli altri per procurare gli strumenti da scasso, controllando personalmente che funzionassero per bene, ma si sarebbe occupato anche dello stoccaggio e l’occultamento dei “bottino”.

Stessiincarichidi Giovinazzo avrebbe avuto Fondacaro, che in più si sarebbe preoccupato del riciclaggio delle autovetture rubate.

Gli altri tre indagati, Fosco, Ascone e Cazacu, sono infine ritenuti dei partecipi del gruppo, eseguendo i furti; il secondo anche procurando gli strumenti necessari, e la terza fornendo informazioni rilevanti sui luoghi da derubare o procurando le utenze straniere (difficilmente intercettabili) o, ancora, aiutando Tudor, in diverse occasioni, nell’ispezionare i mezzi usati e verificare l’eventuale presenza di dispositivi di intercettazione, cioè di tracciamento GPS.

I COLPI PIÙ “RILEVANTI”

I carabinieri sono arrivati pertanto a ritenere che la banda sia responsabile di almeno 14 furti avvenuti a Cittanova, Taurianova e Polistena, per un danno totale subito dai derubati di almeno 450 mila euro, e che hanno interessato abitazioni private, aziende, supermercati, uffici comunali, pasticcerie, bar-tabacchi.

Tutti luogo in cui i malviventi avrebbero portato via quanto riuscivano a trovare: dai gioielli ai contanti, fucili e pistole detenute legalmente, blocchetti gratta e vinci, televisori e intere casseforti che poi venivano aperte altrove.

Tra i numerosi episodi, uno rilevante sarebbe quello in casa di un imprenditore locale dove gli indagati avrebbero trafugato numerosi gioielli e monili in oro dal valore di 90 mila euro, tre pistole detenute legalmente e persino l’auto del proprietario.

Per entrare i malviventi avevano forzato il cancello d’ingresso, messo fuori uso il sistema d’allarme iniettando dello spray nella sirena, manomesso poi i sistemi elettrici, distaccato il registratore dell’impianto di videosorveglianza, coperto le fotocellule con del nastro e aperto la porta blindata e le casseforti con degli strumenti da scasso professionali. Il tutto eseguito con grande professionalità.

In un’altra circostanza, si ritiene che la Cazacu abbia svolto il ruolo di basista dato che da tempo era una collaboratrice domestica in un’altra abitazione, e dunque fornendo informazioni dettagliate per compiere il furto che portò ad un bottino di 11 mila euro tra contanti e vari oggetti in oro.

Un altro importante “colpo” sarebbe quello avvenuto in una azienda agricola, sempre del posto, dove il gruppo sarebbe riuscito a rubare dei costosi macchinari, attrezzature, materiali e veicoli, per un danno approssimativo di circa 180 mila euro e così creando delle forti difficoltà economiche alla stessa impresa.

Anche il Comune di Taurianova sarebbe stato tra le vittime della “banda” e per un furto avvenuto nel Centro Polifunzionale, dove vennero portati via arredamenti, radiatori, computer poi però ritrovati proprio seguendo gli indagati.

Secondo i carabinieri il gruppo sarebbe stato ancora attivo nei mesi scorsi: un’ipotesi questa che sarebbe dimostrata da un ultimo intervento dei militari di Taurianova, nel novembre 2019, quando parte del gruppo era stata seguita e perquisita all’interno di un capannone nella loro disponibilità e trovata in possesso, ancora una volta, di tute scure, passamontagna, scalda collo, torce led, ma anche flessibili e demolitori e di un jammer a 24 antenne.

Elementi questi che fanno ritenere fossero evidentemente pronti per mettere a segno altri colpi sul territorio.

Con questa operazione, dunque i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, insieme alla Procura di Palmi, si dicono certi di aver inferto un duro colpo a delinquenti locali dediti, in modo assolutamente sistematico e professionale, ai reati predatori, turbando fortemente la serenità e la tranquillità della cittadinanza.

Nonostante una minuziosa organizzazione di colpi quasi perfetti”, le piccole tracce lasciate dai malviventi avrebbero permesso di ricostruire con precisione e intuito investigativo le responsabilità penali contestate ad ognuno degli indagati.

Le indagini, come dicevamo, sono state condotte dai Carabinieri della Compagnia di Taurianova mentre l’ordinanza di applicazione della custodia cautelare è stata emesse dal Gip del Tribunale di Palmi su richiesta del Sostituto Giorgio Panucci della Procura locale di Palmi, diretta da Ottavio Sferlazza.