Anassilaos, la figura di Don Giovanni protagonista dello Spazio Open
È stato dedicato alla figura di Don Giovanni l’appuntamento dell’associazione culturale Anassilaos. Con la collaborazione dello Spazio Open, Francesca Neri ha parlato del “Mito di Don Giovanni, da Tirso De Molina a Saramago”.
Partendo proprio dal drammaturgo e poeta spagnolo, nonché religioso dell’Ordine della Mercede, Tirso de Molina, pseudonimo di Gabriel Téllez (1579- 1648), la studiosa ha ripercorso la nascita e l’evoluzione del mito di Don Giovanni dal dramma dello stesso autore, il celebre El Burlador de Sevilla y convidado de piedra (L'ingannatore di Siviglia e il convitato di pietra o Il seduttore di Siviglia e convitato di pietra) che tanta influenza ha avuto sul teatro europeo successivo, analizzandone gli aspetti teatrali e drammaturgici ma anche religiosi ed etici che non potevano mancare in un autore che era anche esponente importante di un ordine religioso.
La sua opera doveva infatti costituire un esempio e un monito per tutti coloro che trasgredivano la legge divina e la morale umana pur se questo aspetto non evitò critiche e censure al De Molina. Fu Molière nel suo Dom Juan ou Le Festin de pierre, commedia tragica in cinque atti, a riprendere il tema rappresentando l’opera, per la prima volta il 15 febbraio 1665 a Palais-Royal. Anche nella Francia del Re Sole la Commedia fu subito ritirata dal cartellone con l’accusa di empietà.
Il Don Giovanni “francese” è un modello di ipocrisia, un uomo malvagio, una sorta di Tartufo che si presenta come ateo. Egli - come si scrive nella sinossi del testo Garzanti dell’opera – “non sfida il cielo con gesti clamorosi, ma pensa solo a ciò che può procurargli piacere e a questo fine è disposto, come Tartufo, a qualunque compromesso. Non ha la vitalità prorompente del seduttore mozartiano, non incarna l’eros del mondo: è cupo, triste e senza Dio, sprofondato in una solitudine senza redenzione. Con Don Giovanni Molière mette tra parentesi la metafisica e scrive una pura opera di teatro, luogo di gioco e di illusioni in cui, come in una fiaba, il meraviglioso prende il posto del trascendente”.
E’ comunque con il Don Giovanni di Mozart (l dissoluto punito ossia il Don Giovanni), opera lirica in due atti, che Da Ponte chiamò, con un bello ossimoro, “dramma giocoso”, che la figura del seduttore diviene universalmente celebre. A scrivere il libretto è Lorenzo da Ponte, autore, tra l’altro, anche de “Le nozze di Figaro” (1786) e di “Così fan tutte” (1789-1790) ma gli studiosi ritengono che lo stesso Mozart intervenne ampiamente nella stesura del testo.
L'opera andò in scena per la prima volta a Praga il 29 ottobre 1787. Tra il pubblico presente pare ci fosse anche il celebre Casanova, amico di Da Ponte, il seduttore più famoso del XVIII secolo, da taluni anche paragonato a Don Giovanni e che nelle sue Memorie offrì un campionario di conquiste femminili simile a quel catalogo in cui Leporello elencava le conquiste del suo padrone Don Giovanni. L’opera di Mozart, per la potenza del testo e soprattutto della musica, offuscò ogni precedente rappresentazione del Don Giovanni e a tale opera fecero riferimento nell’Ottocento scrittori e filosofi tra i quali Søren Kierkegaard nel saggio "Don Giovanni " di Mozart.
Una ripresa moderna del tema viene invece offerta dal testo teatrale di Josè Saramago, lo scrittore portoghese Premio Nobel per la Letteratura, che riprende il personaggio inventato da Tirso De Molina e musicato da Mozart offrendone una interpretazione nuova e del tutto inedita. E’ Il Don Giovanni o il Dissoluto assolto”, e in questa “assoluzione” si racchiude tutta la novità di Saramago che mostra in Don Giovanni un uomo che non teme di sfidare le convenzioni e l’ipocrisia, un ribelle che ignora le regole della società, che vive una esistenza nella quale prevale “l’istante” e un amore disimpegnato e svincolato e, se si vuole, senza implicazioni sentimentali.