Gazze ladre e senza scrupoli: svaligiavano pure la mensa dei poveri, in 13 in manette
Una lunga sfilza di reati, avvenuti per lo più nel giro di appena un anno, ovvero dal novembre del 2018 al settembre 2019.
Una “nutrita rubrica” - l’hanno definita gli stessi investigatori - e che va dal tentato furto con strappo, a nove episodi di furti e ricettazione di veicoli (tre furgoni e sei auto) seguiti da sei estorsioni per ottenerne la loro restituzione.
E poi, altri nove furti aggravati che non hanno risparmiato scuole, strutture sportive, depositerie di pullman ma anche e addirittura associazioni di beneficenza. Dulcis in fundo anche numerose cessioni di droga.
C’è tutto questo nell’ordinanza del Gip di Cosenza che stamani ha fatto scattare l’operazione “Gazze Ladre” (QUI), con i carabinieri bruzi che hanno arrestato tredici persone, finte tutte ai domiciliari, e a sottoporne altre quattro all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Le accuse a loro carico e vario titolo sono di furto aggravato, tentato furto con strappo, ricettazione, estorsione, detenzione ai fini spaccio di stupefacenti, danneggiamento e detenzione illegale di armi.
LA RAPINA ALLA CLINICA PRIVATA
L’indagine - avviata dai militari dalla Stazione di Cosenza Principale a novembre di due anni fa e coordinata dal Procuratore Mario Spagnuolo e dal Sostituto Giuseppe Visconti - è partita dal furto di un’auto poi usata per una rapina in una clinica, la “San Bartolo” di Mendicino.
Allora, tre malviventi con il volto coperto da un passamontagna e pistola in pugno erano riusciti a portarsi via circa 10 mila euro che erano tenuti in contante nella stessa struttura.
Le intercettazioni telefoniche ed ambientali attivate nell’immediatezza di quel fatto non avevano però permesso di individuarne i responsabili ma, comunque, aprirono una finestra su numerosi reati, anche gravi, che si riteneva fossero stati commessi da diverse persone, molte delle quali con precedenti penali e di polizia, e che operavano nell’area urbana di Cosenza.
IL COLPO ALL’IMPRENDITRICE
Scattarono quindi delle investigazioni che portarono ad individuare due persone che, secondo i militari, stavano pianificando uno “scippo” ai danni di un’imprenditrice edile del capoluogo bruzio che in alcuni giorni della settimana era solita andare in banca per versare gli incassi dell’azienda.
L’azione non era stata poi portata a termine ma solo grazie alla presenza dei Carabinieri che intervennero nei pressi della filiale bancaria per evitarla.
Secondo gli inquirenti lo “scippo” era stato pianificato da parte degli indagati nei minimi particolari, facendo ad esempio dei sopralluoghi dettagliati ed andati avanti per oltre un mese.
Il giorno designato, gli stessi si sarebbero preparati all’azione salendo a bordo di una moto con la targa contraffatta, indossando dei caschi integrali e seguendo la vittima fino ad un attimo prima di dover entrare in azione.
Ma poco dopo si sarebbero resi conto della presenza di alcuni carabinieri in borghese, che facevano parte di un corposo dispositivo messo in atto dall’Arma per garantire la sicurezza dell’imprenditrice, e avrebbero così deciso, dunque all’ultimo momento, di rinunciare al colpo.
IL COLLAUDATO GRUPPO CRIMINALE
Da qui è partita una complessa attività investigativa, fondata principalmente sulle intercettazioni telefoniche ed ambientali, allargatasi su un più ampio numero di persone e che avrebbe permesso di documentare le dinamiche interne di quello che viene definito come “un collaudato gruppo criminale”, composto in gran parte da soggetti di etnia rom.
Il gruppo, poi, avrebbe operato dall’interno del cosiddetto “Villaggio degli Zingari e sarebbe stato specializzato nei furti di auto e nelle estorsioni.
In particolare, sono stati ricostruiti, e con dovizie di particolari, così come accennavamo all’inizio, ben nove di questi furti e di ricettazioni dei veicoli, seguiti da altrettante estorsioni.
Gli investigatori spiegano che differenza di quanto appurato in un’altra indagine più o meno simile, la “Gipsy Village” (QUI) eseguita lo scorso 14 luglio, dove i fermati contattavano direttamente i proprietari, sul luogo del furto o telefonicamente da delle cabine telefoniche così da concordarne la restituzione dietro il pagamento di denaro, nell’inchiesta di oggi gli indagati, dopo aver rubato i veicoli, “attendevano che venissero contattati dalle vittime che si recavano direttamente al … villaggio degli zingari (di via degli Stadi. Ndr)” e per ottenere la restituzione della loro vettura, ovviamente non prima di aver pagato un “riscatto” che variava da 300 a 2.500 euro.
LA LISTA DELLA “SPESA”
“Facendosi forti della caratura criminale acquisita nel tempo e delle errate consuetudini diffuse in città”, affermano poi gli inquirenti, avrebbero così intimorito le loro vittime minacciandole che in caso di mancato pagamento gli avrebbero distrutto il mezzo.
I furti delle auto, compiuti spesso e addirittura di giorno o al massimo di sera ma mai di notte, sarebbero stati organizzati in tutti i particolari e con una certa sistematicità, al punto che da una intercettazione ambientale sarebbe emersa finanche l’esistenza di una “lista” di auto da rubare, tanto è vero che in un passaggio dell’ordinanza del Gip, alla segnalazione di uno di essi di prendere una Fiat Punto, l’altro rispondeva: “Sulla lista abbiamo una Multipla, dobbiamo prendere la Multipla! … poi domani è un altro giorno”.
Una sistematicità e professionalità che sarebbe emersa anche dal modo d’agire degli indagati che, in pratica, attuavano anche un vero e proprio “pattugliamento” e per ore lungo le vie di Cosenza e Rende e che, una volta individuato il veicolo giusto, riuscivano a rubarlo in soli tre minuti, grazie all’uso di centraline che, collegate al quadro elettrico del mezzo, ne consentivano l’accensione, rendendo pertanto impossibile un qualunque intervento delle Forze dell’Ordine.
Le auto rubate venivano quindi portate, in tutta fretta, al “Villaggio”, dove venivano perquisite e svuotate di tutto il materiale utile, venendo poi spostate, con un’apposita “staffetta” - cioè una seconda auto che le precedeva, pronta a segnalare eventuali posti di blocco - in vie secondarie della città dove le si parcheggiavano in attesa di essere restituite ai legittimi proprietari.
IL PICCONE IN TESTA AI CUSTODI
L’indagine, ancora, avrebbe consentito di riscontrare oltre che i presunti reati già descritti, numerosi furti avvenuti all’interno di Istituti scolastici, cantieri edili, depositerie di autobus, strutture sportive di Cosenza, Rende e dell’hinterland.
Gli episodi registrati hanno per lungo tempo creato un grave allarme sociale sia per il tipo di beni trafugati che per la violenza commessa sulle cose.
Gli indagati, infatti, dopo aver raggiunto la loro meta grazie all’aiuto del navigatore satellitare, avrebbero indossato dei guanti e, attrezzati di tutto punto (con piede di porco, cacciavite, martello, pinza, piccone e quant’altro) sarebbero entrati nelle strutture interessate, dopo aver forzato le porte di ingresso, e a questo punto, razziato tutto quanto fosse possibile portare via, rivendendolo addirittura nella stessa notte e ad alcuni ricettatori di fiducia, uno dei quali raggiunto oggi dalla misura cautelare.
Allarmante viene poi definita la loro disponibilità di armi improprie (in primis il piccone), che gli indagati avrebbero portato con sé, e per loro stessa ammissione, non solo perché utili a forzare gli ostacoli, ma anche per “tirarli in testa” ad eventuali custodi.
Dall’interno delle scuole, in particolare, venivano portati via e principalmente i computer con i quali gli alunni svolgevano attività di laboratorio multimediale, creando dunque un notevole disagio sia allo svolgimento delle lezioni sia un ingente danno economico agli stessi istituti, vista la perdita di materiale costoso.
IL FURTO ALLA MENSA DEI POVERI
Un furto particolarmente odioso e che si ritiene sia stato commesso dai due degli indagati è, inoltre, quello avvenuto in una mensa per indigenti del capoluogo bruzio, gestita da alcuni volontari che cucinano pasti per persone in difficoltà.
In quella circostanza, i malviventi rubarono tutta l’attrezzatura della cucina, comprensiva di un bollitore ed una friggitrice del valore di circa duemila euro, ma non contenti avrebbero anche provocato dei danni importanti all’immobile rompendo delle tubature dell’acqua e facendone allagare i locali.
Quel fatto aveva provocato non pochi problemi non solo ai volontari dell’associazione, che si dedicano amabilmente al prossimo, ma anche a tante persone in difficoltà che ritrovavano nella mensa un ristoro confortevole.
Gli investigatori, ancora, ribadiscono come la costante che sarebbe emersa dall’indagine sia, comunque, una propensione degli indagati “a razziare il più possibile a discapito dei più indifesi, così come fanno le gazze ladre su tutto ciò che brilla”: da qui il nome dell’operazione, volta appunto a richiamare l’attenzione sui furti che sono stati commessi.
LO SPACCIO DELLA DROGA
Infine, per quanto riguarda l’attività di spaccio, nel corso delle attività tecniche emergerebbero diverse cessioni di cocaina, commesse da alcuni dei convolti, tra i quali, e purtroppo, compare anche un poliziotto che all’epoca dei fatti era in servizio alla Prefettura di Cosenza e che, poco tempo dopo, fui arrestato dalla Squadra Mobile della Questura per detenzione abusiva di arma da fuoco.
I NOMI DEGLI INDAGATI
Agli arresti domiciliari dono dunque finiti Giuseppe Drago, Francesco Mancini, Carmine Guarnieri, Cosimo Passalacqua, Patrizio Nazzarato, Maicol Daniel Bevilacqua, Francesco Berlingieri, Manzo Fioravante, Massimo Bevilacqua, Giuseppe Bevilacqua, Emanuele Bevilacqua, Mario Berlingieri.
All’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria sono stati sottoposti, invece, Maurizio Mirko Abate, William Maria Barone, Antonio Colasuonno, Duilio Mancini.
L‘operazione svolta oggi “contribuisce ulteriormente a mettere in risalto, ancora una volta, l’impegno profuso e la grande determinazione con i quali i militari del Comando Provinciale dei Carabinieri di Cosenza, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Cosenza, hanno operato nel corso dell’attività di indagine, al fine di assicurare sempre maggiori standard di sicurezza ai cittadini”, affermano soddisfatti dall’Arma.
Il blitz è stato eseguito dai Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, coadiuvati da personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, del Nucleo Cinofili di Vibo Valentia, con la copertura aerea dell’8° Nucleo elicotteri di Vibo Valentia.