Aeroporto Lamezia, attività commerciali al collasso. Fisascat: “Sacal e Regione intervengano”
«Non si può rimanere in silenzio a guardare attività ed esercizi commerciali morire silenziosamente giorno dopo giorno». Il segretario regionale Fisascat Cisl Fortunato Lo Papa interviene così sulle saracinesche abbassate all’interno dell’aeroporto internazionale di Lamezia Terme. Da marzo a causa del blocco totale dei voli prima, della riduzione del traffico aereo dopo e delle attuali limitazioni agli ingressi, la clientela è ridotta al lumicino. Alcuni hanno chiuso completamente, altri aprono solo in determinate fasce orarie. I percorsi interni non permettono l’accesso a tutte le attività, eppure i titolari continuano a pagare gli affitti, seppur ridotti.
«Di questo passo l’intero circuito commerciale interno allo scalo – denuncia Lo Papa- rischia di rimanere strangolato e di mandare a casa decine e decine di lavoratori. Basti pensare solo al bar-ristorante, che ormai non ha più indotto e nel quale sono impiegate circa trenta persone che potrebbero presto finire a casa». A soffrire maggiormente sono soprattutto i negozi che si trovano nella parte esterna delle partenze, interdetta al pubblico e riservata solo agli arrivi.
«Si vive nell’incertezza – continua il segretario – non è stato studiato un percorso per agevolare la circolazione dei passeggeri nell’area commerciale, non è stata pensata un’eventuale riqualificazione degli spazi esterni per garantire gli accessi in sicurezza. Il tutto mentre la cassa integrazione sta per terminare e c’è chi lo deve ancora percepire». «Ma non solo. L’aumento dei contagi – fa notare Lo Papa – potrebbe portare ad un prolungamento di questa situazione per mesi, se non ad un aggravamento. Non si può stare con le mani in mano».
«Faccio appello – conclude Lo Papa - al presidente della Regione Jole Santelli e a quello della Sacal Giulio De Metrio affinché si adoperino per studiare soluzioni tali da garantire la sicurezza dei passeggeri, ma allo stesso tempo dare ossigeno a imprenditori e lavoratori sulle cui spalle vivono centinaia di famiglie».