‘Ndrangheta in Emilia, confiscati beni per un valore di 10,5 milioni ad Antonio Muto
Beni mobili ed immobili, per un valore complessivo di circa 10 milioni e mezzo di euro, sono stati confiscati dalla Direzione Investigativa Antimafia, in esecuzione di un provvedimento emesso dal Tribunale locale su proposta del Direttore della stessa Dia, nei confronti di Antonio Muto, 65enne attualmente detenuto nel carcere di Reggio Emilia.
Muto, che si è trasferito nel capoluogo emiliano dal 1977, dove ha interessi in imprese edili ed immobiliari, è stato arrestato il 28 gennaio del 2015, nell’ambito dell’operazione “Aemilia” (QUI), insieme ad altre 202 persone, con l’accusa di associazione mafiosa, essendo ritenuto legato alla cosca di ‘ndrangheta dei Grande Aracri di Cutro, clan attivo sui territori di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza.
Il decreto ha riguardato 75 immobili, tra cui una villetta di pregio a Reggio Emilia, capannoni industriali e terreni situati in Emilia Romagna e Calabria, una società immobiliare e 13 mezzi commerciali ed autovetture, oltre a svariati rapporti bancari accesi presso numerosi istituto di credito.
Il Tribunale ha anche disposto la misura della Sorveglianza Speciale della durata di 5 anni che verrà eseguita dopo l’espiazione della pena di 12 anni di reclusione emessa, il 31 ottobre 2018, dal Tribunale di Reggio Emilia.
Per gli investigatori Muto avrebbe partecipato all’attività di raccordo del gruppo criminale con personaggi del mondo politico locale.
Situazione che avrebbe rappresentato uno degli snodi fondamentali sia per il rafforzamento e l’espansione economica del sodalizio, sia per l’influenza che la parte politica avrebbe potuto esercitare, al fine di contrastare le iniziative antimafia messe in campo dalle Istituzioni.