Inizia il processo per diffamazione ai danni di Luciana Bova
Partirà il 7 gennaio il processo per diffamazione ai danni di Luciana Bova, attivista e fondatrice del movimento “Collettiva autonoMia”, nodo territoriale reggino di Non una di meno. È quanto annuncia il collettivo.
Il procedimento, che si terrà davanti la sezione penale del Tribunale di Reggio Calabria, è a carico di un componente della “chiesa” di Pace e dell’Istituto per la famiglia Gilberto Perri accusato di aver “posto in essere una pluralità di condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso”, comunicando con più persone e segnatamente attraverso uno scritto pubblicato sul social network Facebook nella pagina denominata “Libertà Verità Trasparenza”, così offendendo la reputazione della persona offesa Luciana Bova “con espressioni gravemente lesive della dignità”, prosegue la nota del collettivo.
Luciana Bova, difesa da Mimma Sprizzi, verrà sentita quale persona offesa e testimone a carico dell’imputato. “Tutto ha origine - prosegue il collettivo - dalla nostra opposizione all’approvazione di una mozione da noi ritenuta confessionale e omofoba, denominata “Iniziative per la tutela della famiglia naturale” proposta dall’allora, tutt’ora in carica, consigliere comunale Massimo Ripepi (pastore e “padre” della suddetta congregazione e dell’istituto di cui l’imputato fa parte), dal successivo incontro informativo sulla mozione con l’intervento di docenti universitarie ed infine dalla partecipazione sempre della Bova e della Collettiva alla proposta di istituire il Registro delle unioni civili, successivamente approvata dal Consiglio Comunale di Reggio Calabria”.
Il collettivo prosegue scrivendo che “nei mesi successivi si sono susseguite – segnatamente sui social network – espressioni diffamatorie ai danni della nostra compagna, la creazione di una pagina dedicata e la manipolazione di sue immagini video: una serie di condotte, dunque, che – vano ogni tentativo di portare la discussione sul piano politico – hanno costretto Luciana Bova a rivolgersi alla Magistratura”.
Per il collettivo il processo assumerà “un rilievo politico, oltre che giudiziario, e saremo accanto alla nostra sorella e compagna, sostenendola in nome dei diritti, della garanzia di laicità e della libertà per cui abbiamo sempre lottato, mettendo in campo ogni iniziativa”.