Medico suicida, la moglie: “Lucio un operaio caduto dall’impalcatura. È morte bianca”

Cosenza Cronaca

Non si arrederà fino a quando la morte del marito non sarà riconosciuta come “morte bianca, morte sul lavoro”. È questo quello che fa sapere la dottoressa Simona Loizzo , moglie del direttore dell’Unità operativa complessa prevenzione e protezione ambientale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, Lucio Marrocco, morto dopo essersi lanciato dal balcone dell’abitazione di famiglia lo scorso 7 gennaio. (QUI)

La donna, distrutta dal dolore, ha deciso di raccontare la vita che faceva il marito dopo l’esplosione della pandemia e di precisare a quanto stress lo stesso era stato sottoposto nelle settimane scorse dopo aver organizzato le fasi della campagna di vaccinazione contro il Covid 19 negli ospedali di Cosenza e Rogliano.

I racconti di Simona Loizzo sono stati accolti ieri anche dalla trasmissione “Non è l’Arena” su La7. Nel corso della trasmissione, la donna ha fatto un excursus della sua storia d’amore con il dottor Marrocco, ed ha raccontato: “Il 6 gennaio erano 30 anni che ci conoscevamo eravamo due studenti della Cattolica. Avevamo deciso di tornare a Cosenza perché era più facile crescere i figli”.

Il tasto dolente è stato subito toccato dal conduttore Giletti, che ha chiesto: “Lucio Marrocco si è buttato dalla finestra, ha mai intuito che il peso della situazione lo stava opprimendo?”.

“Lucio non era soltanto responsabile delle vaccinazioni, - ha risposto la donna - era a capo della struttura complessa di sorveglianza sanitaria dell’Annunziata. Aveva eseguito fino a quel giorno 10mila tamponi, e i pochi dipendenti che si sono contagiati è per suo merito, e ogni contagio lo viveva drammaticamente. Ogni sera si metteva al telefono e chiamava tutti i contagiati per chiedergli come stessero. Passava 15-16 ore in un ospedale che da trent’anni si dice di farne uno nuovo, ma non si è mai fatto nulla”.

Simona Loizzo, medico e figlia di medico, ha puntato poi il dito su ciò che non funzionava sul lavoro e, quel giorno, “L’email non funzionava – precisa – e lui non riusciva ad inviare i dati alla Regione, e per questo ebbe una discussione con un collega: ‘Ma si può, non ce la posso fare, non ce la faccio’. Un attimo dopo Lucio era giù. Lucio era un operaio che cade dall’impalcatura senza imbracatura, è una morte bianca, è morto sul lavoro”.

“C’è bisogno di un cambiamento – ha concluso ai microfoni dell’Arena– siamo gestiti da 10 anni da una struttura commissariale che ha peggiorato i livelli di assistenza e anche il debito della sanità. Abbiamo bisogno che la sanità sia gestita dal presidente eletto dai calabresi, legittimato dalla democrazia, qualunque sia l’espressione di voto, che vinca la destra o la sinistra”.

La donna ha fatto sapere che non si fermerà davanti a nulla e nessuno fino a quando non sarà riconosciuta alla morte del marito “il valore di un decesso avvenuto a causa del lavoro sovrumano svolto nell'interesse della comunità ospedaliera”.

Secondo quanto si apprende, la dottoressa non sarebbe più sicura di voler restare a prestare servizio nell'Azienda Ospedaliera.