Burioni: “A Crotone si buttano i vaccini”. Asp e Regione smentiscono il virologo
"Galeotto" fu un tweet di Roberto Burioni. Lo scorso 14 marzo il famoso virologo ha pubblicato sul suo profilo Twitter la lettera di un uomo di Crotone che denunciava presunti sprechi delle dosi di vaccino sul territorio.
Questo il testo del tweet: “Buongiorno professore, devo segnalarle che nella mia città, Crotone, nella vaccinazione degli over 80, se rimangono dosi e non si trovano ultraottantenni nel corso della giornata, vengono buttate perché non permettono somministrazioni dell’ultimo minuto al di fuori di questa fascia. Mio padre è medico di base, l’altro giorno vaccinando i suoi pazienti over 80, erano rimaste delle dosi perché il numero dei pazienti non era multiplo di 6 e un primario ha proposto di somministrare i pazienti dializzati che si trovavano già in sede pronti. Il responsabile delle vaccinazioni ha rifiutato perché non rientravano nella categoria di priorità, preferendo buttare le dosi…. Si parla di dosi Pfizer e Moderna che in questo momento vengono considerate oro. Come si può intervenire in questi casi? A chi bisogna denunciare?”
Immediata la reazione del commissario straordinario dell’Azienda crotonese Domenico Sperlì, e del presidente facente funzioni della Regione Calabria, Nino Spirlì.
Il commissario ha rimandato al mittente l’accusa, affermando che “la protesta circa il presunto spreco di vaccini appare infondata già nella sua stessa articolazione, nella quale si fa riferimento a due linee vaccinali (over 80 e dializzati) le quali, nella nostra organizzazione, seguono percorsi del tutto differenziati, ovvero vaccinazioni territoriali mediate dal medico di base per gli over 80, e vaccinazioni ospedaliere mediate dal medico competente per quanto riguarda i dializzati. Due mondi che non si incontrano, insomma”.
Prosegue, affermando che l’Asp sta “profondendo un grandissimo sforzo organizzativo per garantire l’efficace andamento della campagna vaccinale anti Covid-19 sul territorio della provincia. Una fase di estrema delicatezza, che vede impegnati quotidianamente decine e decine di operatori sanitari e di amministrativi aziendali in tutti i Comuni del crotonese, in stretto raccordo con la Presidenza e gli uffici regionali e con il commissario ad acta Longo”.
E Sperlì si dice sorpreso “dell’approssimazione con la quale l’Asp di Crotone è stata fatta oggetto di critiche, in prima serata Rai, per un asserito spreco di vaccini residuati e non somministrati. Critiche riconducibili a una segnalazione inviata alla mail di un noto immunologo italiano, e proveniente da un profilo privato non identificabile, che, tuttavia, il noto immunologo ha ritenuto di stigmatizzare in diretta televisiva senza minimamente porsi il problema della veridicità, o quantomeno del riscontro, di quanto denunciato”.
Più duro l’intervento di Spirlì che ribadisce che “la Calabria non è terra di conquista, né terreno fertile per polemiche pre-elettorali. L’emergenza che colpisce non solo questa regione, ma tutta l’Italia, l’Europa e il mondo, dovrebbe insegnare ai polemici a pagamento che questo è il momento della solidarietà e dell’aiuto reciproco. E non delle pagelle né, tanto meno, delle bocciature a settembre”.
“Qui – aggiunge Spirlì –, non si sta giocando, si sta lavorando malgrado una sanità indebolita da decenni di ladrocinio e da un commissariamento inutile, che ha ingigantito i problemi. Il lavoro quotidiano e continuo del commissario Longo, dei commissari di Asp e aziende ospedaliere e del sottoscritto non merita questa gogna costante. È venuto il momento di smetterla con questo giornalismo di finto assalto, che segue solo e semplicemente la scia di una finta informazione, priva di contenuto. Sarebbe bene usare telecamere e microfoni anche dove la gente si spacca la schiena per lavorare”.
“La grande professionalità dei nostri sanitari, l’attenzione che ci stiamo mettendo come istituzioni, la faccia che ci mettiamo come cittadini calabresi – dichiara ancora il presidente –, non meritano queste sberle continue. Questo è il tempo del silenzio e del lavoro “capa sotto e pancia a terra”.