Non vuole vendere il tabacchino al “boss”, glielo incendia. In due finiscono carcere

Reggio Calabria Cronaca

Gli inquirenti l’hanno chiamata in codice “La Fabbrica dei Cornetti”, riferendosi - quanto a questa definizione – anche al sequestro, avvenuto stamani, di due imprese che operano nella produzione e vendita di prodotti dolciari e della panificazione; imprese dal valore complessivo stimato in circa 2 milioni di euro.

Parliamo dell’operazione portata termine dai carabinieri del nucleo investigativo di Reggio Calabria che avrebbe fatto luce sul tentativo di estorsione subito da un tabaccaio di Ravagnese, il quale sarebbe stato vittima di un’intimidazione, consistita nell’incendio della saracinesca della sua attività, appiccato come “avvertimento” per costringerlo a vendere quest’ultima (QUI IL VIDEO).

Interessato all’acquisto, secondo le indagini, sarebbe stato Antonio Morabito, 40enne ritenuto elemento dal ruolo “centrale” all’interno della ‘ndrangheta dell’area meridionale del capoluogo dello Stretto.

Insieme a lui, è finita in carcere un’altra persona, Riccardo D’Anna, 28enne di Siracusa, che secondo le indagini avrebbe aiutato il 40enne nei suoi propositi.

Tant’è che a Morabito si contesta l’associazione mafiosa ma ad entrambi la tentata estorsione, il danneggiamento tramite incendio, la detenzione e il porto in luogo pubblico di arma da sparo in concorso; reati aggravati dall’agevolazione mafiosa.

Quanto acquisito nel corso delle indagini, oltre a fornire una dimostrazionedel pieno inserimento degli indagatinelle dinamiche della criminalità organizzata locale, come sostenuto dagli investigatori, costituisce anche un elemento di riscontro alle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.

I risultati conseguiti dai militari, documenterebbero come Morabito, con l’aiuto di D’Anna, abbia inizialmente tentato di estorcere - attraverso messaggi inviati direttamente al proprietario della tabaccheria - il consenso di questi alla cessione della sua attività.

Di fronte alle resistenze del commerciante, però, Morabito avrebbe dato mandato a D’Anna affinché venisse appiccato il fuoco alla saracinesca dell’attività.

Dalle indagini emergerebbe inoltre che Antonio Morabito, proprio per il suo presunto “stabile inserimento all’interno della ‘ndrangheta”, fosse in grado di procurarsi clandestinamente delle armi, tanto da mettere a disposizione una di queste ad un soggetto, ancora non identificato, tramite la collaborazione di D’Anna.

Le indagini che hanno portato agli arresti, condotte dai Carabinieri del Comando Provinciale, sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, in particolare dai Sostituti Walter Ignazitto e Nicola De Caria.