Vogliono il saldo dello stipendio da pizzaiolo: in sette sequestrano il ristoratore

Reggio Calabria Cronaca

Prima il sequestro, poi la richiesta estorsiva. Il tutto con l’aggravante del metodo mafioso. Con queste accuse gli investigatori della Squadra Mobile reggina hanno eseguito stamani un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip, nei confronti di sette persone (LEGGI).

Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, diretta da Giovanni Bombardieri, e condotte sotto le direttive dei Sostituti Roberto Placido Di Palma e Angelo Gaglioti, avrebbero consentito di fare piena luce su una presunta vicenda estorsiva, aggravata dal sequestro di persona, avvenuta nel capoluogo dello Stretto nella notte tra il 30 e il 31 dicembre scorso.

LA RICOSTRUZIONE DEL SEQUESTRO

Intorno alle 20 del 30 dicembre, infatti, la titolare di una pizzeria aveva chiamato la Sala Operativa della Questura denunciando il fatto che il compagno era stato costretto da alcuni individui a salire su un’auto.

Scattato l’allarme, sul posto arrivarono le Volanti e alcuni equipaggi della Mobile che avevano avviato da subito le indagini per l’ipotesi di sequestro di persona.

Le investigazioni - portate avanti grazie alle dichiarazioni dei testimoni e ad intercettazioni telefoniche ed ambientali, analisi dei tabulati dei traffici telefonici e delle immagini dei sistemi di video sorveglianza presenti nelle aree circostanti - hanno portato gli inquirenti a ritenere di aver ricostruito sia la dinamica del sequestro che il possibile movente.

Si sarebbe trattato ed in pratica di una richiesta estorsiva, di 500 euro, che corrisponderebbe ad un residuo di paga di una delle sette persone arrestate, Giuseppe Surace, che aveva lavorato come pizzaiolo alle dipendenze della donna della persona sequestrata.

La vittima una volta arrivata in pizzeria con la compagna e i figli minorenni, sarebbe stata affrontata da tre di loro, Francesco Belfiore, Massimiliano Polimeni e Bruno Scaramuzzino, che afferratolo per le braccia l’avrebbero poi costretto a salire sull’autovettura del primo.

Durante il tragitto, l’uomo - a cui sarebbero state rivolte anche minacce di morte - venne portata fino a Pellaro, a casa di Giuseppe Surace e di Pietro, Bruno e Domenico Natale: Giuseppe e Domenico Natale Surace sono fratelli, mentre Pietro è il padre e Bruno lo zio.

LA RICHIESTA DI ESTORSIONE

Sarebbe stato proprio nella casa di Surace che il gruppo avrebbe chiesto i 500 euro, così da concludere una controversia legata alla posizione lavorativa di Giuseppe.

Quest’ultimo, come dicevamo, aveva lavorato nella pizzeria per circa un mese, tra l’agosto e il settembre dell’anno scorso. L’accordo avrebbe previsto, come corrispettivo, un pagamento di 800 euro.

Il datore di lavoro pare avesse già dato 750 di euro, e dato che la somma residua dovuta sarebbe dovuta essere di appena 50 euro (e non 500) per questo agli indagati è stata contestata l’estorsione.

Gli inquirenti sostengono poi che dato che la vittima aveva dimenticato il portafogli in macchina, i presunti sequestratori, ed in particolare Belfiore, Polimeni e per un tratto anche Scaramuzzino, l’avrebbero riportata in pizzeria per prendere il portamonete e prelevare i soldi da consegnare ai Surace a casa loro.

Un tentativo andato a vuoto dato che nel frattempo nel locale erano arrivati sia le pattuglie delle Volanti che della Squadra Mobile, avvisate dalla donna.

GLI ARRESTATI

A finire in manette sono stati così: Francesco Belfiore, 46enne nato a Reggio Calabria; Massimiliano Polimeni, 26enne, nato a Reggio Calabria; Carmelo Bruno Scaramuzzino, 19enne, nato a Melito di Porto Salvo; Giuseppe Surace, 38enne, nato a Reggio Calabria; Pietro Surace, 64enne, nato a Reggio Calabria; Bruno Surace, 61enne, nato a Reggio Calabria; Domenico Natale Surace, 39enne, nato a Reggio Calabria.

Agli indagati è stata contestata l’aggravante delle modalità mafiose, dal momento che Belfiore avrebbe minacciato la vittima di sparargli in testa e per essersi qualificato come “capo di San Cristoforo”. Belfiore sarebbe infatti il cugino di un soggetto ritenuto legato alle potente cosca locale dei Libri.

Per il sequestro di persona è stata contestata l’aggravante di aver agito per la tentata estorsione e di aver commesso il fatto in più di cinque persone, “ponendo la persona offesa in stato di incapacità di agire ed agendo in modo tale da ostacolare la privata difesa.”