“Prima d’entrare si bussa, mettiti in regola”: imprenditori denunciano il “pizzo”, due arresti
Due persone sono state arrestate lo scorso 3 marzo dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria su richiesta della Procura locale, con l'accusa di aver tentato due estorsioni, a danno di imprenditori, tra il luglio 2021 ed il febbraio di quest’anno.
Si tratta di Giovanni Zindato, cinquantaquattrenne, e di Carmine Pablo Minerva, quarantanovenne: secondo l’accusa entrambi si sarebbero avvicinati in più occasioni a dei cantieri operativi nel quartiere di San Giorgio Extra.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, hanno iniziato ad indagare dopo la denuncia delle vittime, i due arrestati, una volta giunti nei cantieri, avrebbero sollecitato le aziende a “mettersi in regola” con la cosca, altrimenti i lavori sarebbero stati fermati, evidenziandogli inoltre che “prima di entrare a casa delle persone si bussa”.
Avvertimenti decisamente inequivocabili a cui sarebbero seguite altre vessazioni e per diverse settimane, il tutto però ripreso da diversi impianti di videosorveglianza che hanno permesso di riscontrare quanto riferito dalle stesse vittime.
Tramite successive intercettazioni gli inquirenti sono giunti a ritenere che non vi fosse stato solo quel tentativo di estorsione, ma anche la volontà di Zindato di chiedere il “pizzo” ad altri imprenditori, approfittando della mancanza di altri criminali del posto che erano stati arrestati in recenti operazioni.
Si parla del clan storicamente attivo nel quartiere di San Giorgio, quello dei Borghetto-Caridi-Zindato, che opera nell’ambito della più ampia e nota cosca Libri. Un “vuoto” che sarebbe stato dunque possibile sfruttare a proprio favore.
Zindato, poi, e sempre secondo gli investigatori, avrebbe espresso la volontà di replicare il modus operandi di Antonio Libri, detto Totò, recentemente arrestato nel corso dell’Operazione Malefix (QUI): l'idea sarebbe stata quella di evocare la conoscenza di Antonino Caridi, ritenuto elemento di spicco della cosca ed attualmente condannato per associazione mafiosa.
Di fronte agli imprenditori che non intendessero piegarsi, i due indagati avrebbero dunque pianificato delle azioni ritorsive, e nelle intercettazioni avrebbero palesato anche la disponibilità di una pistola. Elemento che oltre alla tentata estorsione aggravata ha portato a contestare un altro reato, quello della detenzione ed il porto abusivo di arma da fuoco.
Questi motivi hanno portato la Direzione Distrettuale Antimafia a sottoporre a fermo indiziario i due indagati, trasferiti in custodia cautelare in carcere fino al termine delle indagini preliminari.
Con riguardo alla personalità degli indagati gli inquirenti evidenziano che Zindato è già stato arrestato nell’ambito dell’operazione “Alta Tensione” (QUI), condotta dalla Polizia di Stato nel 2010, con l’accusa di essere partecipe dell’associazione mafiosa ed in particolare con il ruolo di uomo di fiducia di Santo Giovanni Caridi.
Con riferimento a questa contestazione la posizione di Zindato, dopo la condanna in primo e secondo grado, sarà oggetto di un nuovo processo innanzi alla Corte di Appello di Reggio Calabria, in quanto la Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio della sua condanna.