Per i magistrati era il “collettore delle mazzette”, scattano i sigilli a beni per 13mln
Beni del valore stimato in circa 13 milioni di euro sono stati sequestrati oggi, tra Reggio Calabria e Villa San Giovanni dagli uomini della Divisione Polizia Anticrimine della Questura locale.
La misura, giunta dopo una complessa indagine patrimoniale coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, ha colpito il patrimonio di due persone, L.V.R. e B.F., facendo scattare i sigilli, in particolare, su nove unità immobiliari, quattro appezzamenti di terreno, due veicoli, conti correnti e rapporti finanziari, e su società riconducibili ai due.
Il provvedimento trae origine dal procedimento penale scaturito dall’Operazione “Metauros” (QUI), condotta il 6 ottobre del 2017 dalla Squadra Mobile, e dagli ulteriori sviluppi investigativi che hanno permesso al Tribunale di riconoscere la pericolosità sociale di entrambi i soggetti e, quindi, di applicare il sequestro.
Gli accertamenti iniziali avrebbero svelato il forte interesse della ‘ndrangheta nel business del “ciclo dei rifiuti”, mettendo in luce come la costruzione e la gestione dell’unico termovalorizzatore attualmente presente in Calabria, quello di Gioia Tauro, fosse sottoposto al continuo condizionamento delle cosche attive nella Piana.
L.V.R., titolare di una società e di un’altra riconducibile sempre al ciclo dei rifiuti, è stato arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e per diverse estorsioni.
Attualmente è sotto processo a Palmi e secondo il giudizio della Corte di Cassazione è stato riconosciuto come “il collettore delle mazzette da destinare alle cosche ‘ndranghetiste egemoni sul territorio di Gioia Tauro e Siderno (rispettivamente i Piromalli e i Commisso) attraverso il meccanismo della sovrafatturazione delle prestazioni al fine di creare il ‘nero’ per il versamento del pizzo da parte delle imprese, ottenendo in cambio il riconoscimento di una posizione di monopolio del comparto del trasporto dei rifiuti dagli stabilimenti industriali esistenti in Calabria”.
B.F., invece, è finito a processo per concorso in estorsione ma assolto “perché il fatto non sussiste”, anche se il Gup ritiene come “acclarato e dimostrato” un suo presunto inserimento nel meccanismo estorsivo ideato e gestito da L.V.R., quanto meno fino al 2012.
La Sezione Misure di Prevenzione del tribunale, in forza dell’autonomia del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale, ha rivalutato il quadro indiziario nei suoi confronti, anche alla luce di altri ed attuali elementi che dimostrerebbero un suo coinvolgimento, tramite due società a lui riconducibili, in un sistema “rodato” di triangolazione di rapporti con il gruppo L.V., e il cui scopo sarebbe stato quelle del riciclaggio di proventi ritenuti illeciti, acquisiti con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti nell’ambito della sottrazione e della vendita abusiva di carburanti.
Le indagini patrimoniali mirano a dimostrare che entrambi gli indagati, con il profitto ottenuto dalla gestione delle citate attività considerate illecite, sarebbero riusciti ad accumulare delle ingenti risorse finanziarie, ritenute sproporzionate rispetto ai redditi dichiarati.
Risorse che avrebbero reinvestito nell’acquisto di terreni, società e beni immobili, intestati a propri familiari o a terzi “al fine di eludere la normativa antimafia”, almeno secondo gli inquirenti.
Il provvedimento di oggi è stato emesso dal Tribunale Sezione Misure di Prevenzione presieduto da Ornella Pastore su richiesta dell’Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Giulia Pantano.