La “scalata” alla riviera Romagnola tra hotel, minacce e prestanome: otto indagati

Cosenza Cronaca

La riviera romagnola è da sempre un’area ad alta vocazione turistica e, evidentemente, di ottime prospettive ed aspettative in termini di guadagni, tanto da attirare - diremmo quasi inevitabilmente - gli interessi di “speculatori” anche di incerta onestà e trasparenza.

In tal senso, sembrerebbe proprio il caso portato alla luce dai finanzieri di Rimini che stamani, con l’operazione Popilia (QUI), ritengono di aver bloccato il tentativo di alcuni soggetti calabresi, quasi tutti pregiudicati, di insinuarsi appunto nel settore turistico-ricettivo delle province di Rimini, Forlì-Cesena e Siena.

Per cinque di loro è scattato l’arresto, e sono stati messi ai domiciliari, mentre altri tre sottoposti all’obbligo di firma alla polizia giudiziaria.

Le investigazioni delle fiamme gialle hanno interessato dunque un gruppo di calabresi che vivevano stabilmente nella provincia riminese, e che dal 2018 avrebbero gestito - secondo gli inquirenti “in forma occulta” - cinque hotels, un locale pubblico sull’arenile e una società nel settore degli allestimenti fieristici.

Ma gli stessi avrebbero affermato il proprio ruolo usando però la violenta, soprattutto nel dirimere contrasti interni nati con quei soci che non avrebbero aderito ai loro progetti, ma anche con quei dipendenti che avessero “osato” chiedere di essere pagati per il lavoro svolto durante la stagione.

Accanto a questo “gruppo”, poi, si sarebbe individuato un secondo livello”, costituito in questo caso da persone di origine campana e pugliese, che secondo gli investigatori si sarebbero prestati nell’attività illecita di interposizione fittizia, reclutati all’occorrenza, per ragioni di parentela o vicinanza, dai singoli indagati.

Le indagini, hanno quindi documentato quelle che vengono definite “le fasi evolutive del gruppo”, che in breve tempo, sarebbe così riuscito a infiltrarsi nell’economia legale della Romagna, controllando diverse attività economiche.

Inoltre - e come accennavamo all’inizio - avrebbe commesso delle estorsioni utilizzando armi e sostenendo di essere della ’ndrangheta; infine, avrebbe intestato a terzi dei patrimoni ingenti così come delle attività commerciali.

Difatti, durante le investigazioni è stato appurato come gli indagati, nonostante un apparente situazione reddituale insufficiente addirittura a soddisfare i fabbisogni primari, in realtà manifestassero un’elevata disponibilità economica, derivante - così come farebbero dedurre le intercettazioni telefoniche e ambientali - dalla loro partecipazione occulta in numerose società che operavano nel vantaggioso settore turistico-ricettivo e dalle estorsioni.

I REATI CONTESTATI

A tutti ed otto i convolti, dunque, vengono contestati l’estorsione, la detenzione e porto illegale in luogo pubblico di un’arma e l’intestazione fittizia; il primo dei reati aggravato, per alcuni, dal fatto di aver minacciato la parte offesa con una pistola 7.65 e aver evocato la proprio appartenenza alla ‘ndrangheta calabrese.

Contemporaneamente le Fiamme Gialle hanno sequestrato tra Rimini e Forlì-Cesena, le quote sociali e i beni aziendali di ben sei società, ritenute intestate a dei prestanome, e che operano nel settore turistico ricettivo ed in quello collegato degli allestimenti fieristici.

IL BLITZ

L’operazione è stata condotta in Emilia, Calabria e Puglia, dalla Guardia di Finanza di Rimini, con la collaborazione dei Comandi Provinciali di Cosenza e Taranto.

50 militari delle fiamme gialle riminesi, dirette dalla Procura della Repubblica del capoluogo romagnolo, hanno eseguito nelle provincie di Rimini, Forlì-Cesena e Taranto ben 20 perquisizioni e l’ordinanza emessa dal Gip.