‘Ndrangheta: arrestato a Reggio Emilia “braccio” della cosca
È accusato di appartenere a un clan emiliano della ‘ndrangheta e di detenzione illegale di armi. Così Salvatore Procopio è stato arrestato dalla polizia di Reggio Emilia, su richiesta della Procura e su provvedimento emesso dal gip del Tribunale di Bologna nell’ambito dell’operazione “Perseverance” (QUI).
Lo scorso marzo, nel contesti dell’inchiesta diretta dal procuratore Giuseppe Amato e dalla pm della Dda Beatrice Ronchi, diversi presunti esponenti della criminalità organizzata calabrese sono finiti in carcere per tentata estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosi.
Nell’operazione sono scattate le manette per Giuseppe Sarcone Grande, Salvatore Muto (classe '85, fratello di Luigi e di Antonio già condannati in Appello anche nel maxi processo Aemilia), Domenico Cordua e Giuseppe Friyio accusati di associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata dal metodo e dall'agevolazione mafiosi.
Gli inquirenti, in questa occasione, hanno documentato estorsioni per due milioni di euro. E non solo, perché a marzo è stata sequestrata un’arma con la matricola abrasa e detenuta illegalmente.
Per gli investigatori la pistola sarebbe stata ceduta a Cordua da Procopio. Per questo motivo quest’ultimo è considerato un “azionista”, un uomo cioè in grado di compiere azioni criminali anche violente, usando la propria autorevolezza per dirimere controversie e conflitti favorendo in particolare la famiglia Muto, già colpita dalle operazioni Aemilia (QUI) e Grimilde (QUI).