Cicas, De Rose: “terzo settore, in Calabria difficilissimo accedere a finanziamenti"

Calabria Attualità
Anna Maria De Rose

“Nonostante la riforma del Terzo Settore che vede privilegiato il rapporto di collaborazione, co-programmazione e co-progettazione tra Enti Pubblici ed ETS, per questi ultimi accedere a contributi e sostentamenti per i servizi offerti, in Calabria è quasi un’utopia.” Ad affermarlo è Anna Maria De Rose, Responsabile Nazionale CICAS Finanza Agevolata per il Terzo Settore, che proseguendo nei dettagli racconta quali sono i finanziamenti cui possono accedere gli ETS ma ai quali di fatto” probabilmente non accederanno mai” se non “con enormi difficoltà e per piccoli importi”, mettendo così in pericolo i servizi di grande impatto sociale che questi ultimi offrono all’intera comunità, quali ad esempio quelli a sostegno delle disabilità, dell’inclusione sociale, dei servizi educativi, della promozione delle pari opportunità ecc.

“Ci si riferisce ovviamente agli ETS di dimensioni più ridotte e meno strutturati. -Aggiunge Anna Maria De Rose - Cominciamo col dire che Il Ministero per il Lavoro e le Politiche sociali istituisce un fondo per sostenere progetti promossi da OdV, APS e Fondazioni del Terzo Settore. Ogni anno determina a monte le finalità, quali siano gli ETS beneficiari, gli obiettivi generali, le aree prioritarie d’intervento e la destinazione delle risorse. Sembra facile ma per i più non lo è in quanto parte, sono fondi che vanno richiesti presentando un progetto senza una linea guida, senza un formulario ed attraverso una Pec, alla quale si spera che qualcuno risponderà alla richiesta di info e modalità (dall’esperienza fatta gli uffici funzionano), altri vengono messi a Bando ma in questo caso quasi mai il contributo prevede il 100% di Fondo Perduto".

"Altra via per gli ETS – prosegue - è quella di accedere ai fondi che il Ministero invia alle Regioni, che vengono ripartiti in attuazione del Piano Sociale Regionale documento redatto ai sensi dell’art. 18 della Legge regionale 26 novembre 2003, n. 23 che definendone gli obiettivi, e le priorità deve attuare un coordinamento a livello regionale e zonale, nonché la collaborazione tra le amministrazioni pubbliche e gli enti del Terzo Settore. Il Piano sociale Regionale prevede infatti come Quinto obiettivo quello “di avviare la pianificazione territoriale attraverso l’implementazione dei Piani di zona, partendo dalla fase di elaborazione (Ufficio di piano), approvazione (Conferenza dei Sindaci), attuazione, monitoraggio e valutazione (Soggetti del pubblico e privato), e definendo obiettivi, priorità, strategie, azioni, risorse umane e finanziarie per lo sviluppo delle attività in risposta ai bisogni del territorio, secondo una logica di efficienza, efficacia e dell’integrazione sociosanitaria”. Grandissimo e delicatissimo è quindi il lavoro di programmazione da parte dell’Assessorato Regionale alle Politiche Sociali poiché – chiosa - per come descritto a pg 56 del documento essa eserciterà funzioni sostitutive nei confronti di tutti gli ambiti inadempienti alla realizzazione dei piani sociali di zona ed in presenza di ritardi nella programmazione e realizzazione di interventi connessi all’attribuzione di risorse da parte dell’UE, di Stato e Regione se i fondi non verranno spesi ritorneranno indietro e verranno redistribuiti. Come si ripartono i fondi che arrivano in Regione? Parte vengono trattenuti per realizzare direttamente la programmazione e sono quasi sempre finalizzati, la restante parte viene trasferita ai Comuni.”

“Sui fondi gestiti direttamente dalle Regioniavanza la Responsabile Nazionale CICAS - si apre uno scenario inquietante poiché di fatto il terzo settore ne viene escluso in quanto se da una parte ha accesso diretto a poco di tutto ciò se non al piano di zona che si deve fare comunque nell’ambito territoriale tra Comuni, Asl ed enti del 3 settore, ma che di fatto non si fa,dall’altro quando si rivolge in Regione per ottenere finanziamenti a valere sui fondi di pertinenza ci si imbatte in diverse criticità di un “sistema” che di fatto non esiste. Tutto ciò dovuto alla circostanza che non solo non vi è alcuna modulistica od atto di indirizzo per la presentazione di proposte progettuali, che per assurdo deve avvenire tramite pec o raccomandata direttamente al settore Welfare, ma anche perché non vi sono informazioni accessibili al pubblico poiché ricordiamo che il Portale regionale del Terzo Settore è al momento una scatola vuotahttps://terzosettore.regione.calabria.it/beta/index.html Ciò non accade ovviamente per quei pochissimi fondi messi a bando.”

“A questo punto quale scelta hanno di fronte gli ETS?”. Si chiede Anna Maria De Rose, che agiunge: Tentare presso i Comuni ma qui si scopre che le risorse sono in quota parte già finalizzate per taluni servizi e non possono essere distratte, per la restante, poiché quei famosi Piani di Zona che consentono di finanziare progetti integrati con 100% di Fondo Perduto non si redigono e le associazioni non vengono coinvolte, i fondi vengono assegnati a progetti più piccoli ed insufficienti finanziando senza una logica precisa, e molte volte senza bando e chiare indicazioni, lasciando in un limbo gli ETS che non riescono a districarsi tra la folta burocrazia.”

“Alla luce di tutto ciò riusciranno pertanto i nostri veri eroi (ETS) a sopravvivere? Ai posteri l’ardua sentenza!”, conclude.