Coldiretti: nei campi calabresi mancano 2mila stagionali, e punta l’indice su decreto flussi e Rdc
All’agricoltura calabrese servono almeno duemila lavoratori stagionali per garantire le campagne di raccolta estive e il lavoro ordinario.
È quanto sostiene Franco Aceto, Presidente di Coldiretti Calabria, nel sottolineare che l’arrivo del grande caldo accelera la maturazione nei campi e rende ancora più urgente far fronte alla carenza di manodopera.
“In questi giorni – afferma Aceto – oltre ai problemi dovuti al rincari delle materie prime e delle materie energetiche, nelle aziende, gli imprenditori agricoli hanno difficoltà nel trovare la manodopera da impiegare nei diversi settori produttivi: orto-frutta, zootecnia, agriturismo, ecc…”
Per il numero uno degli agricoltori il tutto sarebbe dovuto a due problematiche con le quali gli imprenditori agricoli “ma anche credo quelli turistici”, afferma, sono costretti a fare i conti.
“La prima – spiega Aceto - è, la lentezza con cui avviene il rilascio dei nulla osta necessari per consentire ai lavoratori extracomunitari, ammessi all’ingresso con il decreto flussi, di poter arrivare per lavorare nelle imprese agricole e poi il reddito di cittadinanza che senza volerlo demonizzare, in principio poteva essere sacrosanto, ma poi il problema si è verificato per come è stato messo in pratica senza pensare agli effetti che nel tempo avrebbe prodotto”.
Per il presidente degli agricoltori è necessaria una modifica alla legge, affinché si consenta di poter svolgere lavori stagionali o occasionali a tutti i percettori di sussidi sociali, conservando, per questi, il diritto allo stesso sussidio per il periodo in cui non lavora.
“Ciò – ribadisce ancora Aceto - consentirebbe un graduale inserimento nel mondo del lavoro ed un risparmio da parte dello Stato per il periodo in cui il percettore di sussidio viene impiegato. Su tale argomento debbo rilevare che vi è stata una mancanza di visione sulle politiche del lavoro.”
Il presidenti Coldiretti sottolinea anche che la presenza di lavoratori stranieri è diventata strutturale nell’agricoltura dove un prodotto agricolo su quattro viene raccolto da mani straniere.
“Sono lavoratori dipendenti a tempo determinato che – spiega - arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese, spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli”.
“Con strumenti concordati con i sindacati - aggiunge - riducendo la burocrazia occorre poi anche consentire anche a studenti e pensionati italiani di poter collaborare temporaneamente alle attività nei campi. È una denuncia forte quella che faccio - conclude Aceto – ma l’agricoltura fa i conti con i ritmi stagionali e non può essere soggetta a lacci e lacciuoli che ne minano produzione e competitività”.