‘Ndrangheta. La scalata delle nuove leve del clan, “giudici” e carnefici di cittadini ed imprese
Le “nuove leve”, ovvero le nuove generazioni dei Cordì, potente e storica cosca della Locride, stavano scalando le gerarchie interne al clan imponendo sempre più il loro asfissiante controllo sul territorio.
Un controllo esercitato evidentemente con la forza intimidatoria, soprattutto imponendo le estorsioni alle imprese locali, ma anche controllando il redditizio mercato della droga, ed arrivando talvolta finanche a sostituirsi alle istituzioni, quando ad esempio un cittadino, per avere ragione di qualche controversia, si sarebbe rivolto a loro per ottenere una sorta di “giustizia privata”.
Attraverso questo atteggiamento, gli indagati avrebbero così mantenuto attiva la propria rete di controllo su diversi settori economici e sociali, operando appunto delle estorsioni “mirate” ed i cui ricavi sarebbero stati poi da dividere in base a precisi accordi e sulla base dello spessore della famiglia destinataria.
Ma a far crollare il “castello” sono stati anche quegli stessi imprenditori vessati, che presa fiducia negli investigatori, con coraggio hanno sporto denuncia contro i propri aguzzini, raccontando come ormai vivessero, insieme alla propria famiglia, in un continuo stato di oppressione, di timore e di ansia.
Tutto ciò emerge dalle indagini che oggi hanno portato stamani all’operazione “New Generation” e “Riscatto II” (QUI), con l’esecuzione di 29 misure cautelari eseguite dai carabinieri (QUI) a carico di altrettante persone a cui la Dda di Reggio Calabria contesta i reati di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanza stupefacente; detenzione di armi e munizioni; e poi: danneggiamento, estorsione pluriaggravata e finanche traffico e spaccio di banconote false.
Il blitz riassume i risultati investigativi emersi nel corso di due attività d’indagine complementari (appunto la “New Generation” e “Riscatto II”) condotte dai militari di Locri e finalizzate a disarticolare appunto le giovani leve dei Cordì, portando alla luce delle richieste estorsive che sarebbero state avanzate per lungo tempo dagli esponenti del clan agli imprenditori locali.
L’ipotesi degli inquirenti, quindi, è che esistesse un vincolo associativo tra queste “nuove leve”, un vincolo che si desumerebbe dai danneggiamenti, dalle minacce e dalle estorsioni praticate allo scopo di assicurare il controllo del territorio e quindi, come accennavamo, di scalare le gerarchie interne della cosca.
Si ritiene poi che l’associazione detenesse e vendesse cocaina e marijuana, la principale e più remunerativa attività illecita svolta dal clan.
LA “PERSONALITÀ DEGLI INDAGATI”
Gli investigatori sostengono quindi che le misure cautelari eseguite oggi dimostrerebbero “l’attuale struttura e operosità del sodalizio criminale” che, nel corso del tempo, dopo una serie di arresti che hanno riguardato i principali esponenti della consorteria, “avrebbe visto mutare il proprio assetto gerarchico, lasciando maggiore spazio proprio alle nuove generazioni”.
L'attualità della pericolosità della cosca, proseguono gli inquirenti, emergerebbe “dalla gravità delle attività delittuose, dall'elevatissimo numero dei reati fine commessi nel periodo di monitoraggio tecnico e dall'escalation in termini di progressiva gravità, dall'ambito associativo in cui gli stessi sono stati commessi e dalla perduranza dei rapporti, dalla riconducibilità delle attività illecite alle storiche cosche della locale di 'ndrangheta e, più in generale, dalla personalità degli indagati, desumibile, oltre che dalle modalità della condotte, anche dai precedenti penali”.
IL TRAFFICO DI DROGA
Quanto poi al traffico di stupefacenti, si ritiene che l'organizzazione sia tuttora esistente e operante, circostanza che sempre in base agli inquirenti, si evincerebbe “dalla struttura della stessa, dai profili criminali dei promotori, degli organizzatori e dei partecipi, nonché dai legami che ancora oggi risultano solidi, risultando del resto poco verosimile, se non impossibile, che organizzazioni di questo tipo vengano meno da un giorno all'altro, liberando spontaneamente il territorio dalla loro presenza e capacità di intimidazione e controllo”.
L’indagine, inoltre, ha fatto emergere come i presunti componenti dell'organizzazione non si limitassero a trafficare droga ma che svolgessero una vera e propria attività di controllo del territorio.
Senza dimenticare che il sodalizio, composto da più di dieci persone, avesse anche la disponibilità di un numero indeterminato di armi, e che non si sarebbe nemmeno fatta scrupoli ad avvalersi della collaborazione di minorenni, probabilmente “affascinati dalle carismatiche figure che rappresentano la cosca”, ipotizzano gli investigatori.
L’EGEMONIA DEL TERRITORIO
Tra i reati accertati alcuni destano particolare allarme sociale: si tratta di reati connessi alla detenzione, al porto, vendita e utilizzo di armi da fuoco, trattandosi di armi mai ritrovate e che gli indagati, quindi, potrebbero ancora utilizzare per fatti più gravi; inoltre, il fatto che la droga sia stata ceduta anche a minorenni o, comunque, tramite gli stessi.
In questo contesto, il traffico di stupefacente è risultata essere l’attività preminente perseguita da queste “giovani leve” poiché funzionale agli interessi della cosca di appartenenza essendo da un lato certamente la principale fonte di guadagno e dall’altro strumentale all’espressione dell’egemonia e del dominio del territorio.
Per gli investigatori, poi, un’altra espressione tipica di mafiosità del gruppo sarebbe rappresentata dagli episodi in cui gli indagati avrebbero svolto degli interventi in favore di presunte vittime di un qualche reato o di altre ingiustizie, rilevate nei territori controllati dalla cosca tentando così di sostituirsi alle Istituzioni.
“È, infatti, ormai un dato notorio e preoccupante – spiegano in tal senso gli inquirenti - che in taluni casi il cittadino piuttosto che denunciare i fatti di cui è vittima alle competenti Autorità, si rivolga agli esponenti dei clan per ottenere ‘una giustizia privata’, ritenuta più immediata, senza però rendersi conto di rimanere così coinvolto in dinamiche criminale da cui sarà poi difficile affrancarsi”.