Operazione Terramara Closed: Salvatore Fazzalari lascia il 41bis e va ai domiciliari
Il presunto boss Salvatore Fazzalari (80 anni) passa dal 41 bis presso il Carcere di Opera agli arresti domiciliari. È quanto ha deciso la Corte d’Appello di Reggio Calabria (presieduta da Caterina Asciutto; consiglieri: Massimo Minniti e Claudio Treglia) che ha sostituito la misura cautelare a carico dell’uomo, assistito dall’avvocato Antonino Napoli, per accertata incompatibilità del suo stato di salute col sistema carcerario.
Fazzalari, tratto in arresto nel dicembre del 2017 (QUI) nell’ambito dell’operazione Terramara Closed (QUI), nel primo grado di giudizio, svoltosi con rito abbreviato, aveva subito una condanna a 16 anni di reclusione in quanto ritenuto a capo dell’omonima cosca.
In appello, il Collegio reggino (presieduto da Leonardo, Ascioti e Monaco a latere), aveva riqualificato la fattispecie penale contestata da quella di capo promotore a quella di mero partecipe del clan, rideterminando la pena a 12 e mesi 4.
Successivamente al suo arresto il Ministro della Giustizia aveva disposto l’applicazione del 41bis, il cosiddetto carcere duro. Durante la detenzione nel carcere di Opera, a Milano, l’80enne ha visto aggravarsi le sue condizioni mediche. Questa situazione ha indotto il suo legale, l’avvocato Napoli, a rivolgersi al Giudice dell’Appello per ottenere quindi i domiciliari.
L’incompatibilità col regime carcerario
Dopo una perizia medico-legale che ha accertato la severità dei problemi di salute di Fazzalari, ritenendoli tuttavia “gestibili in ambito inframurario, in un contesto di elevata assistenza sanitaria”, la Corte d’Appello reggina ne aveva disposto l’urgente trasferimento in un Istituto dotato di un reparto di medicina protetta.
Non avendo l’Amministrazione penitenziaria provveduto al suo spostamento in una struttura idonea ad effettuare le indagini diagnostiche necessarie all’adeguamento della terapia farmacologica praticata e a garantire un più intenso monitoraggio della sua situazione sanitaria, che col trascorrere del tempo è, peraltro, peggiorata, la difesa si è rivolta di nuovo al Tribunale competente.
A seguito di questo sollecito l’organo giudicante ha ordinato un’integrazione alla Ctu già eseguita, “constatato un evidente aggravamento dello stato di salute del malato” e ha ritenuto le condizioni cliniche di Fazzalari “non gestibili in ambito penitenziario e pertanto incompatibili con lo stato detentivo”.
Il Direttore Dap, nonostante l’ordinanza della Corte di Appello che ne disponeva il trasferimento presso un centro idoneo, aveva comunicato l’intenzione del proprio ufficio a non variare la sede di detenzione né, per come accertato dal perito, il detenuto era stato sottoposto alle indagini specialistiche richieste emergendo, pertanto, “un perdurante ritardo nell’esecuzione delle necessarie prestazioni sanitarie”.
A fronte di tutto ciò i giudici - preso atto dell’indisponibilità da parte del Dap di variare la sede di detenzione del recluso – ha accolto l’istanza presentata dall’avvocato Napoli, disponendo l’immediato trasferimento dell’imputato presso il domicilio da lui prescelto.