Poesie e canzoni di lotta, amore e libertà: esce “Eravamo comunisti” il nuovo libro di Ursini
“Dopo lunga assenza ho sentito il bisogno di tornare alla poesia, rielaborando alcuni testi degli anni Settanta/Ottanta e partecipando a importanti concorsi letterari, vincendone subito alcuni tra i quali il Pietro Borgognoni di Pistoia con la lirica Il cuore e le pietre che apre il volume. È, questo, il motivo della mia decisione di selezionare e pubblicare varie poesie di quel periodo che, a distanza di quasi mezzo secolo, ritengo ancora attuali”.
È ciò che scrive Vincenzo Ursini in merito al suo volume “Eravamo comunisti: poesie e canzoni di lotta, amore e libertà”, pubblicato nei giorni scorsi dall’associazione culturale “Nuova Accademia dei Bronzi”, volume già in vendita su Amazon-libri e acquistabile anche con la carta del docente che con il bonus cultura 18app.
Il libro, la cui copertina è illustrata da Giorgio Giunta (noto vignettista e collaboratore di importanti riviste di enigmistica) è suddiviso in due parti: poesie e canzoni, ciascuna delle quali contiene approfonditi commenti critici a cura di Alessandro Randone e Mario Donato Cosco. Alcune poesie sono state illustrate da Grazia Calabrò, mentre Marco Fusi, Massimiliano Soriente e Antonella Tamiano hanno realizzato appropriate vignette.
Il testo si conclude con un breve saggio dal titolo “Lontani dalla storia” di Saverio Fortunato, rettore dell’Istituto Italiano di Criminologia degli Studi di Vibo Valentia.
Già dal titolo, questa raccolta richiama agli anni successivi al ’68, durante i quali la fetta di popolazione più giovane, composta da studenti e operai, entrò in fermento e contestò una società sino ad allora statica e patriarcale, per provare a riplasmarla sulla spinta di ideali di giustizia, libertà, uguaglianza e parità di genere.
Furono periodi caldi, segnati da scioperi, scontri e che hanno lasciato un’impronta indelebile sul mondo di oggi, a più di cinquant’anni di distanza.
“Quel contesto - scrive Alessandro Randone - tocca, in qualche modo, le poesie di Vincenzo Ursini, anche se in maniera apparentemente marginale, come la posizione geografica della regione di provenienza dell’autore. La Calabria di Ursini è una terra dove tutto accade lentamente, come se la forza dei cicli naturali e delle tradizioni la rendessero impermeabile ai grandi cambiamenti”.
“Il potere della natura e le vestigia di un’antica storia - aggiunge - sono ammalianti, creando un leitmotiv che ricorre in numerose liriche, così come il tema che da sempre segna il “blues” calabro: l’emigrazione a cui sono da secoli costretti i suoi abitanti, raffigurati come poveri, ma orgogliosi, figli di una cultura ricca, al tempo stesso, di bellezza e di crudeltà, sviluppatasi in quello che è, a tutti gli effetti, punto d’incontro tra Africa ed Europa. Chi resta, soffre e osserva la pena negli occhi di chi parte, affrontando una sorta di salita al Calvario, intrapresa a bordo di un treno che porta in lande produttive e lontanissime culturalmente dalla terra natia”.
Poi ci sono le canzoni, scritte da Ursini e musicate dal M° Luigi Cimino. “Ursini - prosegue Randone - racconta l’esperienza rivoluzionaria della gioventù, che lascia il passo al cinismo della maturità, quando il cuore resta vuoto, a causa dell’abbandono delle promesse: ci sembra quasi di udire il suo grido nei confronti del tradimento degli ideali. Per contro, c’è la lotta, ancora attiva, di chi si batte contro le ingiustizie nel mondo del lavoro, scontrandosi contro i potenti di turno, che tengono la società in scacco”.
“Vincenzo Ursini - spiega nella postfazione Ilaria Celestini - ci offre un testo prezioso, di grande valore non solo letterario, ma anche educativo, per i messaggi di bene e di valori positivi che trasmette, derivanti dalla coscienza di un'appartenenza a una terra che ha un'anima immensa e radici saldamente piantate nelle verità più sacre”.
In quegli anni, sembra sottolineare l’autore con amarezza, “essere comunisti” era un modo di vivere diverso e certamente migliore di quello di oggi.