Rende. Non si dà pace per la fine della relazione, la tormenta: finisce in carcere
Una ammonizione del Questore per le ripetute minacce e molestie nei confronti dell’ex compagna, non avrebbe sortito effetto su un 30enne cosentino, che avrebbe continuato ad “infastidire” la donna: un atteggiamento che gli è però costato l’arresto con l’accusa di atti persecutori.
Tutto è partito dalla denuncia sporta dalla vittima: da qui i carabinieri di Rende hanno ricostruito la relazione, definita “tormentata”, con l’indagato al quale era stata legata per circa sei anni e con cui aveva avuto un figlio.
La donna ha raccontato ai militari che il compagno sarebbe stato sempre aggressivo e violento e che lei fosse riuscita a tollerare questi comportamenti sino a qualche anno fa, quando però ha poi deciso di lasciarlo trasferendosi con il bambino dai suoi genitori.
Tuttavia, nonostante alcuni tentativi di riappacificazione e di ricostruzione della relazione, il 30enne avrebbe continuato a mostrare aggressività, comportamenti che l’hanno portata a troncare definitivamente ogni rapporto, nell’estate scorsa.
Da quel momento, però, l’uomo, che non avrebbe accettato la sua decisione, avrebbe iniziato a tormentarla senza sosta, con continue offese e turpiloqui, minacce ed appostamenti.
All’inizio la donna non denuncia, ha paura, ma informa il suo legale con il quale decide di presentare una richiesta di ammonimento da parte del Questore, provvedimento emesso e notificato all’inizio dello scorso dicembre.
Ma l’uomo sarebbe divenuto sempre più aggressivo e molesto, continuando a tempestarla di telefonate e messaggi dal contenuto ingiurioso, minacciandola di morte e intimandola affinché ritirasse le accuse nei suoi confronti.
Gli appostamenti – raccontano gli investigatori - avvenivano sotto casa, sul luogo di lavoro in cui intimidiva anche i presenti e durante le uscite della donna.
In un episodio in particolare, individuata l’autovettura dell’ex compagna, si sarebbe appostato per attendere il suo ritorno per poi aggredirla fisicamente colpendola a mani nude, dopo che la donna aveva chiesto ad un’amica di riaccompagnare il figlio a casa.
Le presunte condotte persecutorie avrebbero così portato la vittima all’esasperazione, provocandole un continuo stato d’ansia tale da non farla nemmeno presentare più a lavoro né farle accompagnare il figlio all’asilo, solo per paura di poterlo incontrare.
E minacce sarebbero arrivate anche a chiunque la sostenesse: familiari, amici, persino il suo legale che, proprio nella notte di uno degli ultimi episodi di aggressione, ha subìto l’incendio della porta d’ingresso del suo studio.
Le investigazioni intraprese e refertate dai militari della Stazione di Rende alla Procura della Repubblica di Cosenza, hanno consentito di raccogliere elementi considerati “concreti” e che hanno consentito di richiedere l’emissione della misura custodiale eseguita oggi, considerata la grave progressione criminosa dell’indagato.
L’uomo, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria di Cosenza, è stato portato così nella casa circondariale di Cosenza.