Le prime donne sindaco in Calabria: se ne discute oggi all’Auser
Il circolo Auser di Rende organizza per oggi, venerdì 17, alle 17,30, presso la propria sede di via Panagulis, un incontro aperto a tutti dal titolo “Le prime donne sindaco del dopoguerra in Calabria”.
Ne parlerà la professoressa Lucia Montesanti, docente di Sociologia dei fenomeni politici presso l’Università della Magna Grecia di Catanzaro.
Nel Marzo del 1946 ci fu una tornata elettorale amministrativa quando, ripristinate le libertà democratiche, le donne esercitarono in Italia per la prima volta il diritto di voto. Infatti il 31 gennaio del 1945 il governo Bonomi aveva emanato un decreto che sanciva il suffragio universale.
Su tutto il territorio nazionale vennero elette 13 donne sindache, delle quali ben tre in Calabria: Lidia Serra Toraldo, cosentina di nascita, a Tropea, Caterina Tufarelli Palumbo a San Sosti, Ines Nervi a San Pietro in Amantea.
Della vita e della personalità di quest’ultima porterà una testimonianza Francesco Gagliardi, appassionato studioso di storia locale che di Ines Nervi fu alunno alle elementari.
Furono tutte e tre donne di grande profilo civile, riconosciuto dal corpo elettorale, ma anche operosamente attive e innovative nella pratica amministrativa indirizzata, come si vedrà, in senso democratico.
L’iniziativa è importante poiché si inscrive in un progetto che intende avviare una narrazione della vita delle donne calabresi di ieri e di oggi, al momento chiusa in ambiti accademici, perché diventi patrimonio collettivo.
Dall’Auser spiegano come “Si avverta la necessità di costruire un Pantheon di eroine calabresi in cui riconoscersi, un ordine simbolico a cui le donne dei nostri territori possano guardare per dare concretezza a quella che si definisce cultura di genere. Siamo interessate al lavoro di filosofe, storiche e sociologhe come la relatrice, Prof.ssa Montesanti, impegnate a ricostruire il pensiero delle donne, a sottrarre importanti figure del passato all’ oblio, a definire il profilo sociale della loro identità, non solo di quelle che possono entrare a buon titolo nei libri di storia – è appunto il caso delle nostre tre sindache – ma anche delle donne comuni”.