Trattati come schiavi al circo Wanet Togni
Trattati come schiavi, privati dei loro passaporti e costretti a lavorare per 18 ore al giorno senza potersi riposare e costretti a procurarsi il cibo elemosinando agli automobilisti agli incroci qualche centesimo o cercando tra i rifiuti lasciati alla fine degli spettacoli. Questa l’incredibile vicenda scoperta dai Carabinieri della Compagnia di Vibo Valentia e che ha tenuto al lavoro gli uomini della Stazione del capoluogo e del N.O.R.M. fino a tarda notte. Tutto comincia nel pomeriggio di ieri quando alcuni dipendenti del circo Wanet Togni, da alcuni giorni in città, si presentano, accompagnati da alcuni sindacalisti, presso la Stazione Carabinieri di Vibo Valentia e cominciano a raccontare la loro incredibile vicenda. Da tempo lavorano per Egle Lozopone, titolare del circo del ’78, e per il figlio Giuseppe Mavilla, 36 anni, e, secondo quanto emerso dal racconto degli operai e degli artisti circensi che si sono presentati spontaneamente ai militari dell’Arma, quello che doveva essere un lavoro onesto in grado di consentirgli di guadagnarsi da vivere e di mandare qualche soldo a casa si è presto rivelato una vera e propria prigionia.
Infatti, raccontano alcuni cittadini bulgari che hanno avuto il coraggio di rompere il muro di omertà e raccontare la propria incredibile vicenda, la proprietaria ed il figlio, appena sono arrivati presso il circo, gli hanno immediatamente sequestrato documenti e bancomat per impedirgli di allontanarsi e li hanno sottoposti a turni di lavoro massacranti che cominciavano alle 6 e mezza del mattino per non finire prima di mezzanotte. Un vero e proprio calvario che veniva ricompensato, solo quando loro insistevano per avere qualche soldo per comprarsi da mangiare, con non più di 150 euro al mese, concesse a rate di 10 o 20 euro.
Come se non bastasse veniva loro consentito di uscire dal campo del circo solo per andare a distribuire i biglietti per le strade, ma sempre sotto stretta sorveglianza per impedirgli di fuggire o di raccontare a qualcuno dei soprusi che giornalmente dovevano sopportare.
Appena udite queste dichiarazioni, al fine di verificarle, gli uomini dell’Arma si sono recati sul posto rinvenendo, nel caravan della donna, i documenti degli immigrati e scoprendo come le condizioni igieniche in cui i bulgari erano costretti a vivere erano, a dir poco, disumane.
Infatti in 7 dividevano una serie di loculi ricavati sul piano di carico di un camion, privi di riscaldamento, acqua corrente e gas.
Costretti a recarsi su di un altro camion dove era stato allestito un improvvisato bagno, condiviso da decine di persone al giorno, in condizioni igieniche che definire fatiscenti sarebbe un eufemismo, spesso privi di acqua o dello stesso sapone.
In aggiunta costretti a comprare da mangiare con i pochi soldi che ogni tanto, la donna ed il figlio, si rassegnavano a concedere in cambio dei massacranti turni di lavoro, svolti senza il benché minimo contratto o forma assistenziale.
E situazione analoga vivevano anche alcuni artisti, costretti a vivere in roulotte fatiscenti, continuamente inondate dall’acqua piovana, senza finestre e senza riscaldamento.
Una situazione ben oltre i confini del normale che ha portato gli uomini dell’Arma a sequestrare il camion dormitorio ed a dichiarare in arresto madre e figlio con le pesanti accuse di violenza privata e riduzione in schiavitù.
Ora per tutti l’incubo può dirsi concluso grazie all’intervento degli uomini della Benemerita che, in una sola notte, hanno posto fine all’incredibile vicenda di soprusi che, per troppo tempo, ha condizionato le vite dei dipendenti del circo. I militari dell’Arma, al termine della triste vicenda, si sono inoltre occupati di scortare le incolpevoli vittime presso il circo per recuperare i pochi oggetti di proprietà e dopo li hanno personalmente accompagnati presso una struttura in grado di ospitarli per qualche tempo in attesa di poter riprendere una vita normale.