A rischio l’annata 2023 del vino italiano: i dati della Calabria

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Esce stasera la nuova inchiesta de settimanale tre Bicchieri a firma di Gianluca Atzeni: situazione complicata in Abruzzo, Puglia e Calabria. Si difendono Chianti Classico, Etna, Frascati e Doc Sicilia. Massima attenzione e monitoraggi continui dei produttori negli areali a Dop. I volumi calano ovunque. E se il caldo sahariano frena la peronospora, l'alta percentuale di umidità favorisce l'oidio.

Tra le tante lame che pendono sull’economia italiana, c’è anche la vendemmia 2023. Cinquanta milioni di ettolitri prodotti nel 2022 e 50 in giacenza a giugno 2023, in un quadro generale di vendite, consumi ed export in diminuzione, con un surplus di prodotto che generato un ribasso dei prezzi del vino base. Come se non bastasse, in un mercato dominato dall'inflazione, le ferite aperte in primavera dalla peronospora sui circa 700mila ettari di vigneto nazionale sono destinate a pesare sull'imminente campagna. Per certi versi, produrre meno vino potrebbe sbloccare il mercato, ma la congiuntura è comunque da incubo per le imprese vitivinicole.

E’ questa la prima parte del sondaggio pre-vendemmia (la seconda dedicata al Centro-Nord sarà pubblicata il 27 luglio), da cui emerge un senso di forte preoccupazione per il 2023/24. Gli improvvisi voltafaccia del meteo, passato da un inverno con scarsa piovosità a una primavera con precipitazioni eccezionali e, poi, a un'estate con temperature sahariane, hanno aumentato nella base produttiva la sensazione di impotenza di fronte alla crisi climatica. Una cosa, a detta di tutti, è certa: si raccoglieranno meno uve e si produrrà meno vino.

La virulenza delle fitopatie in vigna ha lasciato segni indelebili. Soprattutto al Centro-Sud, dove diversi attacchi di infezioni fungine come non si registravano da anni, in particolare nei versanti adriatico e ionico dello Stivale, hanno trovato impreparati alcuni areali.

In Calabria, la situazione generale è molto complicata. La Regione va verso lo stato di calamità naturale, su richiesta delle associazioni agricole. Le fitopatie sono esplose per le precipitazioni eccezionali di maggio e giugno e per l'impossibilità di fare i trattamenti. Il servizio agrometeo regionale di Arpac ha rilevato un'alta incidenza della peronospora, che ha compromesso i volumi del raccolto in molti areali tirrenici del Cosentino e Vibonese, dove soffre particolarmente il vitigno a bacca nera magliocco dolce.

Demetrio Stancati, che presiede il Consorzio Terre di Cosenza, rileva che in alcune zone ci sono imprese che non raccoglieranno le uve: “Il problema è evidente nelle aree pianeggianti verso il mare (area di Sibari; ndr) mentre quelle collinari, in qualche modo, si sono salvate grazie alla ventilazione, come si è notato lungo la media valle del fiume Crati. Per ora sottolinea è difficile stimare le rese produttive della nostra Doc. Il caldo di queste settimane sta limitando i danni, anche se c'è un rischio oidio. Il nostro obiettivo è tutelare la qualità e stiamo lavorando per questo”.

Nell'area ionica della Doc Cirò e Melissa, l'ente di tutela stima una contrazione nei quantitativi intorno al 25%, rispetto a un 2022 a 57mila quintali di uve, su circa 500 ettari a Doc. “La peronospora ha provocato danni importanti in alcuni vigneti - osserva il presidente Raffaele Librandi - mentre in altri è stata gestita meglio. Sicuramente, il problema è legato alle quantità. A maggio, le piogge quotidiane ci hanno impedito di entrare in vigna. Ora il caldo sta frenando fitopatie ma ci auguriamo che non ci sia troppa umidità soprattutto in pianura. La raccolta inizierà ad agosto con gli internazionali e intorno al 10 settembre con gli autoctoni, come il gaglioppo, che mostra buone capacità di adattamento alle alte temperature”.