Società cartiere per evadere tasse ed Iva, dietro c’era la ‘ndrangheta: 15 indagati in Emilia
Una serie di accertamenti svolti sul conto di un nucleo familiare, il cui tenore di vita si era improvvisamente modificato, con l’acquisto di un’abitazione di pregio ed il possesso di numerose autovetture di grossa cilindrata.
È stato questo “campanello” a far scattare l’allarme che ha portato la Procura di Reggio Emilia a voler vederci chiaro decidendo di avviare delle indagini, affidate alla Guardia di finanza locale.
Gli approfondimenti investigativi hanno così portato a scoprire la costituzione di alcune società considerate delle mere “cartiere”, intestate fittiziamente a dei presunti prestanome e di fatto gestite da un soggetto calabrese ritenuto contiguo alla criminalità organizzata, della cosiddetta “Cosca Emiliana” della ‘ndrangheta.
Si ipotizza quindi che le aziende, tra il 2016 ed il 2019, abbiano emesso fatture per operazioni inesistenti per circa 10 milioni di euro e che abbiano ricevuto giornalmente numerosi bonifici, poi prelevati in contanti in vari uffici postali, per essere così restituiti ai disponenti il pagamento.
A riscontro di questo presunto “postagiro”, era già stato sequestrato del denaro in contante e quando presente su un conto corrente di due società ritenute essere delle cartiere, per un totale complessivo di quasi 70 mila euro.
L’indagine avrebbe identificato sei di queste aziende, con nell’oggetto sociale dichiarano lavori edili, lavori di meccanica e il commercio di autovetture, ma che gli inquirenti sostengono siano state invece costituite al solo scopo di emettere fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, così da permettere ai beneficiari delle stesse di evadere tasse e Iva.
Su questa base stamani è così scattata l’operazione chiamata in codice Chrysalis, che ha visto l’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo e di un avviso di garanzia, che ha colpito cinque società e quindici persone risultate essere nel tempo i rappresentanti legali o gli amministratori delle stesse, dislocate tra le province di Reggio Emilia e Parma.
Gli investigatori sostengono che due tra le società interessate abbiano utilizzato, nelle rispettive dichiarazioni annuali ai fini dell’Iva e delle Imposte dirette, fatture false ricevute dalle cartiere per oltre dieci milioni di euro, mentre altre tre società non avrebbero presentato la dichiarazione dei redditi, procurandosi un profitto illecito totale quantificato in circa due milioni e mezzo di euro.
Il sequestro è scattato appunto su quanto presente sui conti correnti nella disponibilità delle aziende e delle ditte che avrebbero utilizzato le fatture e, per equivalente, sulle somme e sui valori comunque nella disponibilità degli indagati e fino alla concorrenza dell’imposta evasa calcolata.
Contestualmente al sequestro sono state eseguite sei perquisizioni locali e personali nei confronti di altrettanti soggetti destinatari del provvedimento giudiziario.
L’operazione è stata condotta da oltre quaranta militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri e del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Emilia, su delega della Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Capo Gaetano Calogero Paci.