Teatro. “Delitto e castigo“ calabrese al ”Libero” di Palermo

Calabria Tempo Libero

La produzione della compagnia calabrese Carro di Tespi, "Raskolnikov. Racconto di un delirio", sara' di scena al Teatro Libero di Palermo domenica 29 maggio alle 21,15, all'interno della rassegna "Presente futuro 2011". Un "Delitto e Castigo", made in Calabria, per raccontare, partendo da un classico, la violenza di una terra offesa dalla criminalita' organizzata. Cosi' dal monumentale romanzo "Delitto e Castigo" di Fedor Michajlovic Dostoevskij, nasce uno spettacolo teatrale che indaga i meandri piu' profondi dell'animo umano e che guarda alla contemporaneità. L'adattamento di Valerio Strati, attore calabrese, in quest'occasione anche nei panni di regista con Ernesto Orrico, infatti, si nutre dei pensieri, delle angosce e del conflitto interiore del protagonista Rasko'lnikov. Un ex-studente indigente che si macchia di un duplice omicidio. Quello della vecchia usuraia Aljona Ivanovna, dalla quale ha impegnato vari oggetti per mantenersi, e di sua sorella Lizaveta. La storia si sviluppa in un luogo imprecisato e in un tempo interiore fatto di avvenimenti e di deliri dell'anima che poco hanno a che vedere con un puro avanzamento cronologico degli eventi. Due narratori, che di volta in volta entrano nei ruoli dei personaggi, alimentano il ritmo della messinscena. Le musiche originali raccontano i turbamenti d'animo del protagonista, esprimono i conflitti della vicenda, e nei momenti topici sono usate in contrappunto. Al centro c'e' un armadio-confessionale che diventa il contraltare del percorso intimo e contrastato che portera' il protagonista a confessare gli omicidi. Rasko'lnikov uccide per affermare le sue folli idee: esistono uomini "straordinari", pochi, capaci di idee e leggi nuove. Porfirij, giudice istruttore che indaga sull'omicidio, e' l'autentico interlocutore dialettico del protagonista. Ha un ruolo fondamentale nella vicenda: porta alla luce le contraddizioni interiori dello studente, lo smaschera ma lo lascia libero. Per il giudice, infatti, la pena ha un senso soltanto se riconosciuta e accettata da chi ha compiuto l'omicidio, che riconosce cosi' la colpa, si pente, ed e' pronto ad affrontare il giusto castigo. Alla fine dello spettacolo sara' proprio l'intervento del giudice che condurra' Rasko'lnikov alla confessione della sua colpa. Un'indagine introspettiva e psicologia, quella dell'autore e dei registi, che si sposa sul palcoscenico con una messinscena scarna ed essenziale che trasforma oggetti e personaggi davanti agli occhi degli spettatori. Lo spettacolo diventa cosi' un percorso delirante attraverso il lato oscuro dell'umanita', la stratificazione dell'essere e ancora attraverso quel sottile confine fra ragione e follia. Nello spettacolo, liberamente ispirato al monumentale romanzo Delitto e castigo di Dostoevskij, restano soprattutto l'allucinata figura del giovane studente Raskolnikov, i suoi furenti monologhi e la narrazione di alcune vicende che lo fanno sprofondare nel gelo e nell'orrore. Raskolnikov rappresenta il prototipo del "filosofo-criminale", con i suoi deliranti intimi ragionamenti in cui prende le distanze dal mediocre mondo circostante che lo opprime per affermare, attraverso un crimine "basso e vile", la potenza della sua volonta', fino alla resa finale in cui sotto i "colpi psicologici" inferti dal suo alter ego, il geniale giudice istruttore Porfirij Petrovic, si costringe alla confessione. In una messa in scena volutamente scarna e semplice, molto e' demandato alla capacita' degli attori di sostenere, attraverso un incessante andirivieni stilistico, continui cambi di registro all'interno di un perpetuo gioco di "spaesamento interpretativo", mentre l'onnipresenza dei narratori preserva la continuita' dell'evolversi del racconto.