Istat. Italia sempre più povera, al Sud è ancora peggio. Aumentano i “working poor”
In una nazione che cullava storie di prosperità e crescita, ci troviamo oggi a testimoniare un mutamento silenzioso ma profondo. L’indagine Istat che viene presentata, non è soltanto una raccolta di dati; è il racconto di una realtà che bussa alle porte di sempre più famiglie.
Quanto si sta impoverendo l’Italia? Questo case study non si limita a fornire una risposta ma cerca di scuotere le coscienze, mostrando una situazione che per molti non è un semplice dato statistico, ma il quotidiano panorama fuori dalla finestra di casa.
Con una visione approfondita e senza veli, vediamo la nazione così com’è, oggi: un Paese che si confronta con l’ombra crescente della povertà, non più un fantasma tra le righe di un report ma una presenza viva tra noi.
LA POVERTÀ ASSOLUTA
La povertà assoluta in Italia indica la situazione di individui o famiglie che non riescono a coprire le spese di beni e servizi essenziali per un vivere dignitoso, inclusi alimentazione, casa, vestiario e salute. L’Istat stabilisce la soglia, valutando il costo di un paniere essenziale di beni, aggiornato regolarmente per adeguarsi ai cambiamenti di stili di vita e consumi.
Tale soglia varia a seconda della dimensione e composizione della famiglia e della zona geografica, riflettendo le differenze nel costo della vita in Italia.
CHI SONO I POVERI?
Il 2023 conferma il rapporto uscito a fine 2022 sul sito dell’Istat. Nonostante i numeri non mostrano incrementi significativi, è evidente che la situazione generale peggiora ogni anno.
Nel 2021, le donne rappresentavano il 50,13% degli individui in questa condizione, mentre gli uomini il 49,77%. Questo squilibrio si accentua lievemente nel 2022, dove le donne in stato di povertà raggiungono il 50,38% contro il 49,62% degli uomini, evidenziando una leggera ma costante crescita della vulnerabilità femminile.
Guardando le fasce d’età, nel 2021 i giovani tra 0-17 anni costituivano il 22,60% dei poveri, seguiti da coloro nella fascia di età 35-44 anni (19,97%) e 45-54 anni (16,19%). Le persone oltre i 65 anni rappresentavano il 10,62%. Nel 2022, la distribuzione mostra una variazione nelle percentuali, ma la tendenza al rialzo è comune a tutte le classi.
L’aspetto più allarmante è dato dall’aumento di famiglie in povertà assoluta: si passa da quelle con un figlio che rappresentano il 40,76% nel 2021 al 45,9% nel 2022, a quelle con due figli dal 10,87% al 13,59%.
In maniera ancora più preoccupante, è evidente un aumento delle famiglie con tre figli che crescono dall'1,84% al 3,14% in solamente un anno.
Questi dati rivelano anche una distribuzione omogenea della povertà, che colpisce indistintamente le varie componenti della società italiana.
SU I LAVORATORI POVERI
L’11,5% degli occupati è a rischio povertà, noti come “working poor”. Secondo l’Istat, sono individui che hanno lavorato per almeno metà dell’anno ma il cui reddito familiare annuo è inferiore al 60% del valore mediano nazionale. Nonostante percepiscano un salario, questi lavoratori vivono in gravi difficoltà economiche.
Le cause includono salari non adeguati all’aumento del costo della vita e la precarietà del lavoro. Il rischio di povertà raddoppia per chi lavora part-time, a tempo determinato o autonomamente. Dal 2010 al 2022, è aumentato dal 9,5% all’11,5%, superando la media Ue dell’8,5%.
Nel Mezzogiorno, un quinto dei lavoratori è a rischio povertà, con Sud e isole che presentano valori quasi doppi rispetto alla media nazionale (20,4% e 21,9% rispettivamente), mentre Nord e Centro registrano valori inferiori all’11,5%.
GLI STRANIERI IN ITALIA
Nel 2020, quasi un terzo (29,3%) degli stranieri regolari si trovava in una condizione di povertà assoluta. Questa percentuale è salita al 32,4% nel 2021 e ha continuato a crescere fino al 34% nel 2022. In termini assoluti, l’ultimo dato suggerisce che circa 1 milione e seicentomila stranieri sono toccati da questa realtà.
Questa tendenza crescente può essere attribuita a diversi fattori, inclusi la precarietà lavorativa, le barriere linguistiche, culturali e sociali che influenzano l’accesso a opportunità di lavoro qualificate e ben remunerate.
In Italia, vivono 8.930 persone il cui patrimonio netto supera i 30 milioni di dollari. Messa assieme, la loro ricchezza arriva 897 miliardi. Nel 2023, ci sono oltre 5,6 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta. Parallelamente, il numero di super-ricchi è diminuito del 7,8% rispetto al 2021.
Al di là di queste due categorie, c’è il resto della popolazione, i 53,5 milioni di italiani che non rientrano né tra i super-ricchi né tra quelli in povertà assoluta. Tra questi: l’83% (circa 44,4 milioni di persone) è classificato come “sicuramente non povero”, il che indica un tenore di vita stabile e al di sopra della soglia di povertà.
Il 9,5% (più di 5 milioni di persone) rientra nella categoria di “quasi poveri”, suggerendo una situazione economica precaria che potrebbe facilmente deteriorarsi in assenza di stabilità lavorativa o di supporto sociale;
Infine, il 7,5% (oltre 4 milioni di persone) è considerato “appena povero”, il che implica una condizione di vulnerabilità maggiore dove anche piccoli cambiamenti nel contesto economico o personale potrebbero spingerli al di sotto della soglia di povertà.
Questo spaccato dimostra che, nonostante la presenza di una ricchezza patrimoniale considerevole a livello nazionale, esiste un divario economico marcato che influisce negativamente sulla qualità della vita di una parte notevole della popolazione.
L’incidenza della povertà assoluta è in aumento. Nel 2005, la percentuale di famiglie in questa condizione era intorno al 5%, ma nel corso degli anni è salita gradualmente. Secondo le stime, si potrebbe arrivare al 9% entro la fine del 2024. La proiezione più allarmante è quella per il 2030, dove si evidenzia che 1 famiglia su 10 potrebbe trovarsi in stato di povertà assoluta.