Bronzi di Riace, nuove scoperte: l’ipotesi sugli schinieri, l’impugnatura della lancia ed i tenoni
Dopo cinquantadue anni dal ritrovamento, avvenuto il 16 agosto del 1972, i Bronzi di Riace non finiscono di riservare sorprese e nuovi particolari emergono dai recenti studi del prof. Riccardo Partinico, autore di affermati studi anatomici sulle forme muscolari dei corpi dei due guerrieri e sulle loro alterazioni scheletriche, che gli hanno consentito di ipotizzare, riguardo l’identità delle due statue, che si tratterebbe di eroi ateniesi vissuti nel V sec. a.C. e non di personaggi mitologici protagonisti nelle tragedie greche.
Osservando la “Statua A” dalla prospettiva latero/posteriore sinistra il docente reggino ha individuato nella gamba avanzata alcune striature compatibili con la presenza degli schinieri che i guerrieri greci utilizzavano per proteggere gli arti inferiori durante le loro battaglie. Le striature di forma circolare sono visibili nell’area compresa tra i muscoli tibiale anteriore e tricipite della sura.
Gli schinieri, assieme allo scudo, all’elmo, alla lancia ed altre armi bianche, erano l’equipaggiamento militare del soldato greco nel V sec. a.C., armi citate nelle antiche fonti letterarie, raffigurate sulle monete e sui vasi a figure rosse ed esposte nei musei archeologici.
Le due statue realizzate a trent’anni di differenza l’una dall’altra ed in stile artistico diverso, “Statua A” nel 460 a.C. in stile “Severo” e “Statua B” nel 430 a.C. in stile “Classico”, con materiali argillosi provenienti dall’area geografica circoscritta tra Atene, Corinto ed Argo e nel periodo storico denominato “Età di Pericle”, rappresentano due guerrieri armati che assumono la stessa gestualità militare.
I Restauratori del Ministero hanno da molti anni rilevato sulla superficie bronzea delle due statue i segni inconfondibili delle armi di cui erano equipaggiate: l’elmo sul capo, lo scudo nell’avambraccio sinistro mantenuto con il porpax, la lancia trattenuta nella mano destra, tra le due dita indice e medio e, adesso, nella “Statua A” compaiono, ben visibili, le striature degli schinieri.
LA FALANGE GRECA
Le battaglie dei greci si combattevano in gruppo, con strategie militari programmate e pianificate. La Falange greca era un particolare schieramento militare di forma rettangolare, costituito di soldati disposti su più righe, armati di scudo, di elmo e di schinieri a protezione del proprio corpo e di lancia per colpire il nemico.
Una “macchina da guerra” che si spostava sul campo di battaglia con una marcia sincronizzata, accompagnata dal suono dei flauti. La Falange eseguiva gli ordini impartiti dal Comandante a cavallo che, per essere riconosciuto dai soldati, calzava sotto l’elmo la kynè, una cuffia di cuoio che fuoriusciva dalla parte posteriore dell’elmo.
La tattica della Falange consisteva nel realizzare nella prima linea del perimetro un muro metallico di protezione costituito di scudi dal quale fuoriuscivano dal piano frontale le cuspidi delle lance pronte a trafiggere il nemico con un’azione sincrona ed utilizzando una particolare impugnatura a “due dita”.
La lancia era mantenuta con l’arto superiore destro, impugnata a metà della sua lunghezza con la mano supina, tra il secondo e terzo dito (indice e medio) ed appoggiata sull’avambraccio. Il gomito la teneva accostata al fianco nella parte terminale per mantenere la direzione e la stabilità.
Nella fase iniziale di scontro con il nemico la lancia veniva affondata sull’asse sagittale seguendo una traiettoria lineare e producendo con la pronazione dell’avambraccio un effetto semirotatorio che determinava maggiore forza di penetrazione e permetteva di effettuare un maggior numero di affondi in breve tempo, senza perdere l’equilibrio e rimanendo protetti dietro lo scudo.
In seconda e terza linea erano schierati soldati muniti di una lancia più lunga (sarissa) per infittire il “muro” di cuspidi ed evitare l’avanzamento del nemico.
Dalle ultime linee, altri soldati (Peltasti) scagliavano contro il nemico le lance munite di un laccio di cuoio (ankùle) che, avvolto attorno all’asta, produceva durante il lancio un effetto giroscopico che aumentava la stabilità in aria e la forza di penetrazione della cuspide nel momento dell’impatto.
Dopo il primo scontro che causava numerose perdite tra le file nemiche, l’azione si trasformava in una guerriglia “uno contro uno” e la lancia era utilizzata in tutti i piani dello spazio.
LE ULTIME “OPINIONI”
Dopo le fantasiose ipotesi formulate in questi anni riguardo l’identità dei Bronzi di Riace indicati nei personaggi mitologici Tideo ed Anfiarao, Eumolpo ed Eretteo ed Eteocle e Polinice, tutte prive di dati scientifici, storici ed oggettivi e smentite dal prof. Partinico in numerose conferenze e pubblicazioni, senza interventi di replica da parte degli Studiosi interessati ed ottenendo, anche, la rimozione della pagina dal sito del Museo di Reggio Calabria dove era stato pubblicato “nome scientifico dei Bronzi di Riace: Eteocle e Polinice”, spunta un’altra ipotesi sull’origine “siracusana” delle due opere.
Il Museo di Reggio Calabria, nonostante le diverse richieste avanzate sempre dal prof. Partinico, non intende esporre i tenoni di cui erano dotati i Bronzi di Riace per rimanere ancorati ad un basamento da cui sono stati violentemente strappati in epoca imprecisata e che, in sede di restauro, sono stati asportati per consentire lo svuotamento delle terre argillose partendo proprio dalla pianta dei piedi.
I quattro tenoni della “Statua B” e l’unico tenone della “Statua A” sono di piombo proveniente dalle miniere di Laurion, distante 40 km da Atene, e per Partinico proverebbero che le due statue sarebbero state esposte nel circondario di Atene smentendo tutte le altre ipotesi.