Processo Imponimento, Appello: venti assoluzioni, confermati 20anni per il boss

Vibo Valentia Cronaca

La Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta da Loredana De Franco, ha assolto venti degli imputati nel processo nato dalla nota inchiesta Imponimento (QUI) - tra i quali spiccano anche i nomi di personaggi di spessore della ‘ndrangheta vibonese - confermando invece ventitré delle pene inflitte dal Gup distrettuale in primo grado (QUI) e rideterminandone diverse altre.

L’operazione, che risale al luglio del 2020 (QUI), fece luce sugli interessi della cosca degli Anello-Fruci di Filadelfia e dei clan alleati tra il Vibonese, il Lametino e parte dell’entroterra Catanzarese, interessi che si sarebbero estesi anche all’estero, in Svizzera in particolare.

Gli inquirenti ritennero che la consorteria fosse riuscita ad acquisire direttamente e indirettamente la gestione o anche il controllo di attività economiche, in particolare nel settore turistico-immobiliare, condizionando diversi ambiti economici e sociali, e affermando la propria egemonia sul territorio tramite dei reciproci accordi tra cosche che operavano in zone diverse. All’epoca furono sequestrati anche dei noti villaggi turistici - tra i più grandi della Calabria - tra Parghelia, Pizzo Calabro e Curinga

Tornando al processo d’Appello, tra gli assolti c’è Vincenzo Barba, ritenuto elemento di spicco della criminalità vibonese; ci sono poi Domenico Bonavota, considerato invece a capo dell’omonima cosca di Sant'Onofrio; Filippo Catania e Paolino Lo Bianco, indicati come appartenente ai Lo Bianco; Vincenzo Renda, imprenditore-avvocato e Serafino Nero, dirigente regionale.

La Corte, inoltre, per alcuni ha inflitto pene anche maggiori rispetto a quelle di primo grado: è il caso di Domenico Bretti, militare della Guardia di Finanza accusato di aver fornito informazioni al clan, e per questo alla sbarra per rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio.

Infine, confermati vent’anni di reclusione già inflitti in primo grado al presunto boss Rocco Anello, e le pene comminate a Francesco Antonio Anello, Vincenzo e Giuseppe Fruci, Daniele Prestanicola e Teodoro Mancari.