Cautelati beni ad imprenditori in Emilia: per la Dda farebbero parte del clan di Cutro
Cinquantacinque immobili tra la provincia di Reggio Emilia e Crotone, due società che operano nel settore edile, ma anche rapporti finanziari, partecipazioni societarie e un automezzo, il tutto del valore complessivo che si stima intorno ai 2,6 milioni di euro.
È l’ingente patrimonio che la Direzione Investigativa Antimafia di Bologna, coordinata dalla Dda locale, ha sequestrato a due imprenditori, padre e figlio, sospettati di appartenere alla ‘ndrangheta emiliana.
Tra le diverse vicende penali che hanno visto coinvolti entrambi, spicca quella venuta alla luce nell’ambito del maxi processo “Aemilia” (QUI), ritenuta dai Giudici della Corte di Appello di Bologna come una delle “più significative e caratterizzanti il sodalizio emiliano circa le sue dinamiche interne e la sua capacità di porre in essere operazioni illecite e di accaparramento di somme di provenienza delittuosa, anche grazie all’appoggio compiacente di operatori del settore finanziario”.
Il presunto illecito, ricostruito giudizialmente nell’ambito della nota operazione Grimilde (QUI), sarebbe consistito nella creazione di una falsa sentenza apparentemente emessa dalla Sezione I Civile della Corte di Appello di Napoli, che aveva indotto, ingannandoli sulla sua autenticità, i referenti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a pagare una somma di 2,25 milioni di euro a favore di una società riconducibile ai due imprenditori (QUI) oggi raggiunti dal sequestro.
Secondo gli inquirenti, l’accordo sottostante a questo episodio avrebbe previsto che i proventi fossero spartiti tra padre e figlio e diversi esponenti sia del clan 'ndranghetistico emiliano, sia della cosca Grande Aracri di Cutro, nel crotonese.
Nel processo scaturito dall’inchiesta “Grimilde”, svoltosi innanzi al Tribunale di Reggio Emilia nel 2022 i due imprenditori sono stati condannati, ancora non in via definitiva, rispettivamente di 4 anni e 6 mesi e 8 anni e 3 mesi di reclusione, pene recentemente confermate in Appello: per i giudici avrebbero partecipato alla truffa, con l'aggravante di aver agito per agevolare l'attività della ‘ndrangheta autonoma operante appunto in Emilia e storicamente legata ai Grande Aracri di Cutro.
Il decreto di sequestro è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Bologna.