Pizzo di ‘ndrangheta sui lavori della 106, imprenditore denuncia: sei arresti
La Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro, con il coordinamento della Dda locale, ha arrestato e portato in carcere sei persone accusate, a vario titolo ed in concorso, di estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiose e di istigazione alla corruzione.
Le indagini, eseguite dalla stessa Dia, sono scattate dopo la denuncia presentata dal legale rappresentante di un’impresa di costruzioni, vittima di una richiesta estorsiva di 150mila euro, ovvero il 3% del valore di un appalto da 5 milioni di euro.
Si tratta di lavori di edilizia pubblica funzionali alla grande opera di costruzione del cosiddetto Terzo Megalotto della Statale 106, rispetto alla quale, stante la rilevanza dell’opera e il contesto territoriale, storicamente soggetto all’influenza della ‘ndrangheta locale, è sempre alta l’attenzione degli investigatori, che cercano di assicurare un monitoraggio costante delle dinamiche criminali in atto.
Gli uomini della Divisione Investigativa Antimafia hanno attivato così delle intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, i cui esiti sarebbero stati poi rafforzati con l’analisi di una vasta mole di documentazione fiscale, bancaria e amministrativa.
Si è giunti così a ritenere di aver scoperto sia il sistema di pagamento estorsivo e ad identificare i soggetti coinvolti, ossia il reggente della cosca Abbruzzese, gli intermediari tra il clan e le vittime ed i gestori delle società interessate.
Tra gli arrestati figurano difatti il presunto reggente della cosca all’epoca dei fatti, ovvero Leonardo Abbruzzese, detto Nino, 40 anni, attualmente al 41 bis dopo essere stato arrestato a Bari, nel novembre del 2023 (QUI) dopo un periodo di latitanza e coinvolto nell'operazione Athena (QUI).
In manette anche un capocantiere, il suo autista e tre imprenditori titolari di aziende ritenute compiacenti con la ‘ndrangheta. L’inchiesta non riguarda però il contraente dell’opera, la Webuild, che ha invece collaborato con le forze dell'ordine nel fronteggiare i tentativi di infiltrazione mafiosa.
L’ipotesi è che le somme richieste come “pizzo” veniva ricavate tramite delle sovrafatturazioni da parte di ditte considerate colluse, che avrebbero utilizzato documentazione falsa in modo da simulare consegne di materiali e prestazioni di servizi sovradimensionate, così da contenere la quota parte destinata al pagamento dell’estorsione, che sarebbe a sua volta confluita nelle casse della cosca di Cassano all’Ionio.
Gli inquirenti contestano poi l’istigazione alla corruzione a carico di uno degli indagati, che avrebbe promesso 20mila euro al capocantiere di una società a partecipazione statale, appaltante dei lavori, ed incaricato di pubblico servizio, affinché falsificasse i Sal, cioè i certificati di stato avanzamento lavori, relativi allo smaltimento dell’acqua da parte dell’azienda incaricata.
Contestualmente agli arresti è stato eseguito il sequestro preventivo di tre società e dei relativi complessi aziendali, ritenuti strumenti funzionali alla commissione delle attività illecite.
GLI ARRESTATI
Le manette sono quindi scattate per Leonardo Abbruzzese, detto Nino, 40enne di Cassano allo Ionio; Domenico Basile, 48enne di Policoro, nel Materano; Gino Cipolla, 44enne di Castrovillari; Giuseppe D’Alessandro, 62enne di Matera; Luigi Falcone, 55enne di San Giorgio Albanese; e Antonio Salvo, 36enne di Acri.