Lamezia, il monito di mons. Cantafora contro la criminalità mafiosa

Catanzaro Attualità
Mons. Cantafora e papa Benedetto XVI

«La criminalità organizzata di stampo mafioso piaga profondamente la nostra città, e sciaguratamente non cessa di spargere sangue» il Santo popolo di Dio è sbigottito «da tanta crudeltà, per le uccisioni, gli attentati e le intimidazioni, le libertà violate e la dignità umana calpestata».

Lo ha detto mons. Gino Cantafora, vescovo di Lamezia Terme, in una nota dal titolo «Superiamo mafiosità e mafia» contro la riacutizzazione criminale che ha investito nei giorni scorsi la città lametina. «Perché tutto questo? Per denaro, per dominio, per eclisse dei valori umani e cristiani, o altro ancora? Quando i malavitosi capiranno che il male porta altro male, la violenza genera violenza, la vendetta richiama vendetta, e il tutto ricade inevitabilmente anche su di loro e sulle loro famiglie?» si domanda monsignor Cantafora. Lamezia Terme, infatti, «sembra fuorviata da oscuri manovratori, intenzionati a non fermare le mani omicide verso persone innocenti e finanche tra loro stessi. Ma l’onore di ciascun essere umano - denuncia mons. Cantafora - sta nel custodire e non nell’uccidere il fratello! Chi sparge violenza e paura nella società non è uomo d’onore! L’onore si addice a chi fa il bene, non il male: essere mafiosi è peccato grave e la mafia genera e alimenta strutture di peccato. Non vi sono giustificazioni. Noi stessi non possiamo pensare di ripararci in campi neutri, che non esistono».

Nella città, prosegue il Pastore lametino, esistono «strati sociali che educano alla legalità; uomini e donne al servizio della polis, associazioni laiche ed ecclesiali impegnate per il bene comune, famiglie che testimoniano con sacrifici l’onestà; scuole che insegnano i valori civici; imprenditori e commercianti coraggiosi che resistono ai mafiosi e denunciano; giovani che amano la vita democratica e libera. Eppure, tutto questo non basta».

Mons. Gino Cantafora evidenzia anche che la città è «grata» e «si stringe vicino a una magistratura operosa e a forze dell’ordine dedite a debellare la malavita. Ma da sole non possono bastare. La Chiesa è chiamata a fare la sua parte e cerca di farlo nel suo quotidiano e ordinario servizio al Vangelo in ogni ambito di vita in cui è radicata: ma anche tutto ciò sembra insufficiente». «Come cattolici, in particolare, dovremmo lasciarci orientare dagli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa» e riedificare così «le fila di una “grammatica sociale” comune a tutti gli strati che compongono la comunità civile, prima che la nostra civiltà sprofondi ulteriormente nel relativismo etico e giuridico, che si annida ormai nelle istituzioni, nella cultura e nel modo di pensare della gente». «La lotta alla mafia in tutte le sue denominazioni e in ogni area del Paese va accompagnata, infatti, da una coerente azione educativa - conclude mons. Cantafora - e dotando l’amministrazione giudiziaria delle risorse atte a favorire la certezza del diritto».

Elia Fiorenza