Ricorso alla Corte europea dell’associazione contro tutte le mafie
Riceviamo e pubblichiamo da Antonio Giangrande, presidente dell'Associazione contro tutte le mafie.
Sig. Direttore,
è stato presentato il ricorso contro lo Stato italiano presso la Corte Europea dei Diritti Umani per la violazione alle norme della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali ed è stata inoltrata la denuncia presso la Commissione dell’Unione Europea e la petizione presso il Parlamento Europeo per infrazione al Trattato e attivazione presso la Corte di giustizia dell’Unione Europea di condanna dell’Italia per inadempimento.
In Italia si rileva che la Corte di Cassazione, sistematicamente, rigetta ogni istanza di rimessione da chiunque sia presentata e qualunque ne sia la motivazione.
La Corte di Cassazione – Supremo Organo di Giustizia Italiana – rigetta sistematicamente ogni istanza di rimessione dei processi per legittimo sospetto e ogni richiesta di ricusazione presentata dall’imputato per grave inimicizia con il magistrato che lo giudica. La Corte di Cassazione non applica mai le norme per il giusto processo e, sistematicamente, non solleva mai dalla sua funzione il giudice naturale, anche quando questo non è sereno nel dare i suoi giudizi.
Per quanto riguarda la Rimessione, la Cassazione penale, sez. I, 10 marzo 1997, n. 1952 (in Cass. pen., 1998, p. 2421), caso Pomicino: "l'istituto della rimessione del processo, come disciplinato dall'art. 45 c.p.p., può trovare applicazione soltanto quando si sia effettivamente determinata in un certo luogo una situazione obiettiva di tale rilevanza da coinvolgere l'ordine processuale - inteso come complesso di persone e mezzi apprestato dallo Stato per l'esercizio della giurisdizione -, sicché tale situazione, non potendo essere eliminata con il ricorso agli altri strumenti previsti dalla legge per i casi di alterazione del corso normale del processo - quali l'astensione o la ricusazione del giudice -, richiede necessariamente il trasferimento del processo ad altra sede giudiziaria … Consegue che non hanno rilevanza ai fini dell'applicazione dell'istituto vicende riguardanti singoli magistrati che hanno svolto funzioni giurisdizionali nel procedimento, non coinvolgenti l'organo giudiziario nel suo complesso".
Per quanto riguarda la Ricusazione: « Evidenziato che non può costituire motivo di ricusazione per incompatibilità la previa presentazione, da parte del ricusante, di una denuncia penale o la instaurazione di una causa civile nei confronti del giudice, in quanto entrambe le iniziative sono “fatto” riferibile solo alla parte e non al magistrato e non può ammettersi che sia rimessa alla iniziativa della parte la scelta di chi lo deve giudicare. (Cass. pen. Sez. V 10/01/2007, n. 8429).
In questo modo la pronuncia della Corte di Cassazione discrimina l’iniziativa della parte, degradandola rispetto alla presa di posizione del magistrato: la denuncia del cittadino non vale per la ricusazione, nonostante possa conseguire calunnia; la denuncia del magistrato vale astensione.
Per la Cassazione per avere la ricusazione del singolo magistrato non astenuto si ha bisogno della denuncia del medesimo magistrato e non della parte.
Analogicamente, la Cassazione afferma in modo implicito che per ottenere la rimessione dei processi per legittimo sospetto è indispensabile che ci sia una denuncia presentata da tutti i magistrati del Foro contro una sola parte.
In questo caso, però, non si parlerebbe più di rimessione, ma di ricusazione generale.
Seguendo questa logica nessuna istanza di rimessione sarà mai accolta.
Inoltre qui si rileva che la Corte Costituzionale legittima per tutti i concorsi pubblici la violazione del principio della trasparenza. Trasparenza, da cui dedurre l’inosservanza delle norme sulla legalità, imparzialità e buon andamento (efficienza).
La Corte Costituzionale: sentenza 8 giugno 2011, n. 175 in riferimento al concorso pubblico di avvocato: “Il voto numerico è una motivazione sintetica e costituisce legittima tecnica di motivazione delle motivazioni amministrative”.
Con la sua sentenza essa legittima ogni arbitrario comportamento delle commissioni d’esame di avvocato, violando il diritto del candidato che vuol conoscere il motivo per cui è stato bocciato. Commissioni già sfiduciate dalla legge 180/2003, che ha cacciato i consiglieri dell’ordine dalle commissioni e manda in giro gli elaborati per non farli correggere dai magistrati locali.
La Corte Costituzionale impedisce al candidato di conoscere l’errore per non reiterarlo, o se il giudizio è infondato nega al candidato il diritto di rivolgersi alla giustizia amministrativa. Allo stato dei fatti su dei testi non corretti, ma dichiarati tali in pochi secondi, si legittima un voto non sostenuto da segni o glosse a supporto del voto medesimo.
La sentenza della Corte Costituzionale autorizza ogni forma di ritorsione o di favoritismo: insomma di corruttela. Non vi è più controllo sulle commissioni d’esame. L’arbitrio sarà il principio che guiderà un comportamento non più soggetto a sindacato.
Questa di cui si tratta non è questione da poco, tanto da restarne indifferenti. Ogni cittadino è sguarnito di tutela di fronte ad un magistrato astioso e vendicativo o in presenza di una commissione dedita a truccare un concorso pubblico.
Non è questione da poco se proprio le magistrature giudiziarie ed amministrative devono dare conto del loro operato, tenuto conto che sono investite da scandali per la cooptazione irregolare dei loro componenti.
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