Wanda Ferro sull’inaugurazione della sp Germaneto
Riceviamo e pubblichiamo
"Il grande regista Dino Risi affermava che “l'Italia produce poco grano perché è tutta coltivata a retorica. E’ la nostra ricchezza nazionale”. - Afferma Wanda Ferro - Mi è tornata alla mente questa considerazione quando stamane ho letto la polemica sollevata da un quotidiano dopo l’inaugurazione del primo tratto della nuova provinciale di Germaneto.
Il valore dell’opera e la sua importanza per il territorio sono riferite in maniera quasi incidentale: la “notizia” diventa la presunta dimenticanza della morte di Stefano Guarascio, il giovane operaio che ha perso la vita nel febbraio scorso, durante i lavori di realizzazione della strada. Secondo il giornale, dopo il ricordo di monsignor Vincenzo Bertolone, gli amministratori sarebbero rimasti in un imbarazzato silenzio, quasi afflitti da un vergognoso senso di colpa. Eppure quando il nostro Arcivescovo aveva ricordato quella immane tragedia, era evidente una ferita ancora aperta negli occhi di tutti i presenti, soprattutto di chi con Stefano aveva vissuto lunghe giornate di lavoro. Una cosa è vera: non è stato speso il solito fiume di parole sul dramma delle morti bianche, non c’è stato il coro istituzionale del commosso ricordo da parte dei presenti. Una scelta rispettosa, quella di affidare il ricordo del giovane alle parole di monsignor Bertolone, perché altre dichiarazioni non assumessero il senso della strumentalità politica.
Ciò evidentemente non è stato ritenuto degno di attenzione da chi evidentemente immaginava un bel titolo ad effetto. - Continua - Tanto da non assolvere neppure al doveroso compito di informarsi e di domandare sull’ipotesi di dedicare una targa commemorativa al giovane operaio. Avrebbe appreso che una intitolazione è prevista nel luogo della tragedia, cioè nel tratto di strada che non è nel lotto aperto al traffico essendo ancora in costruzione. Ma dirò di più: nelle valutazioni che avevamo fatto con i responsabili dell’impresa, era emersa la possibilità di intitolare il viadotto della tragedia non soltanto a quella vita spezzata, ma a tutti i caduti sul lavoro, per dare un respiro ed un valore ancora più ampio al ricordo di Stefano.
E’ chiaro che fare quella domanda avrebbe fatto sfumare quel titolo ad effetto che oggi offende la realtà delle cose, oltre all’impegno di chi quotidianamente dedica il proprio lavoro all’interesse dei cittadini. Sappiamo che le parole sono armi pericolose se usate impropriamente: così ogni mattina c’è qualcuno che cerca nei giornali gli spunti per dare un senso al suo impegno politico, che non è certo quello del contributo al bene collettivo. - Conclude - Sono gli avvoltoi della politica, che ancora una volta non hanno perso tempo a cavalcare la polemica: a loro dico soltanto che sarebbe ora di smetterla di strumentalizzare le tragedie umane e delle famiglie per esercitare una vergognosa propaganda."
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