Lettera di D’Agostino sulle “condotte illegittime consiglieri e assessori”
Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviata in redazione dall’Avvocato Sandro D’Agostino: “Il Sindaco Vallone ha certificato pubblicamente l’esistenza di condotte, a suo dire “incresciose”, ma l’esatta definizione è illegittime, poste in essere dai suoi consiglieri ed assessori. Prendiamo atto dell’ennesimo colpo inferto dalla minoranza all’attuale amministrazione comunale, ma non può bastare una tale fumosa dichiarazione del Sindaco perché cali il sipario su una questione tanto grave. Né possono essere taciute le incomprensibili contraddizioni che avvolgono la figura del Sindaco. Dapprima sui manifesti murali egli definisce pretestuosa l’azione posta in essere dalla minoranza, due giorni dopo tuttavia è costretto a riconoscerne la veridicità e taccia come increscioso l’omesso, anzi, il ritardato pagamento dei tributi da parte dei suoi consiglieri. Peccato che al Sindaco manchi il coraggio di confessare la sua responsabilità nell’avere premiato i consiglieri che avevano evaso le tasse attribuendo loro importanti assessorati, fra cui – quasi a voler irritare gli onesti contribuenti - il Bilancio ed i Tributi. E’ di facile constatazione che il Sindaco nomina gli assessori quali soggetti di sua fiducia. Ne consegue che, se costoro hanno compiuto una azione “incresciosa”, nascondendogli per ben due mesi, o meglio fino a quando la minoranza non ha scoperto il misfatto, una situazione di incompatibilità, o lui condivide l’atteggiamento dei predetti (e allora deve dimettersi) o non ha altra scelta che quella di revocare loro il mandato di assessori. Quest’ultima soluzione è invero quella che il Sindaco avrebbe dovuto adottare non appena fosse venuto a conoscenza dei fatti, ove sia vero che egli non era all’oscuro della sussistenza della causa di incompatibilità, così come sostiene. Non ci sarebbe stata altra scelta dinanzi al venir meno del rapporto fiduciario con gli assessori, mendaci nei suoi confronti. Sorprendentemente, tuttavia, il Sindaco Vallone non ha agito in tal senso; al contrario, ha deciso di coprire le manchevolezze dei suoi assessori, tradendo i propri concittadini. Va difatti energicamente sottolineato che i consiglieri morosi hanno saldato il loro debito verso il comune, non motu proprio, ma solo in virtù della pubblica denuncia della minoranza. Nei fatti, dunque, Gaetano Vallone ancora oggi sta premiando quei soggetti che hanno posto in essere azioni “incresciose”.
A ciò si aggiunga che i predetti assessori (oltre a due consiglieri) hanno dichiarato di non versare in causa di incompatibilità con la carica di consigliere in una dichiarazione da loro, ribadendolo solennemente in seduta di consiglio comunale del 18.8.2011. L’egregio Sindaco Vallone oggi dovrebbe ricordarsi di quando si appellò alla Procura della Repubblica affinché verificasse la condotta degli eletti. Per tale motivo, da cittadino, gli chiedo se far confluire false dichiarazioni in un atto pubblico, qual’è la deliberazione del consiglio comunale, possa costituire reato. Attesa la sua lunga carriera politica, della quale si onora, il Sindaco potrà certamente colmare i dubbi del sottoscritto, che sono anche i dubbi della cittadinanza intera. Chiedo quindi al Sindaco che, in memoria dell’appello da lui stesso fatto alla Procura della Repubblica, trasmetta ad essa gli atti; diversamente sarà la minoranza ad essere costretta a chiedere l’acquisizione di detti atti. La conseguenza sarà, l’ennesima brutta figura del Sindaco che vedrà il suo appello trasformarsi in uno strillo del più becero populismo.
Con l’occasione, consiglio a Vallone – prima di apostrofare chicchessia come “ignorante” - di rileggere il regolamento del consiglio comunale e scoprirà che l’art. 18 stabilisce, al comma 3 e 4, che “La risposta deve essere resa in forma scritta dal Sindaco o da uno o più Assessori da lui delegati entro trenta gironi dalla presentazione” … “In caso di mancata risposta scritta entro il termine stabilito, gli interroganti possono chiedere che essa sia trattata come interpellanza, e ne sia calendarizzata la risposta nella prima seduta del Consiglio Comunale che preveda la trattazione di interpellanze”. Vi è, quindi, un obbligo (non sanzionato se non con il discredito che sta ricoprendo la maggioranza) di rispondere per iscritto, per come emerge dal verbo “deve” (diversamente il legislatore, se non avesse voluto imporre un obbligo, avrebbe scritto “può”). La conclusione odierna è che il rispetto della legge (TUEL art. 43), dei Regolamenti comunali, e soprattutto della buona educazione, è divenuto un optional non compreso nel pacchetto che il Consiglio di Stato ha regalato alla città di Tropea”.
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