Marcia della Pace: Nunnari esorta i politici ad un servizio di alta qualità
Si è mossa da piazza XI settembre a Cosenza alle 19, l’annuale marcia della Pace presieduta dall’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari. Presenti moltissime autorità, realtà associative ecclesiali e laiche. È stata un’occasione di riflessione e preghiera per il “dono” della Pace e per una meditazione sul Messaggio che Papa Benedetto XVI ha consegnato all’inizio dell’anno sulla tematica. A chiusura della serata l’Arcivescovo, come annunciato a dicembre, ha consegnato una lettera ai politici “La politica: un servizio all’uomo” nella quale il presule esorta a quanti sono impegnati nella cosa pubblica ad un servizio di alta qualità che nelle attuali congiunture sociali ed economiche chiede una “svolta” culturale nella quale essi stessi sappiano dare da una parte spazio alle giovani generazioni, dall’altra essere modelli di vita.
Sintesi della Lettera a cura dell’ufficio per le Comunicazioni Sociali | La lettera è indirizzata a tutti i politici, credenti e non credenti, “accomunati da comuni valori ed obiettivi” ed il presule evidenzia quanto sia facile cadere nella tentazione dell’antipolitica mentre si consuma “un teatrino fatto di lotte, fazioni, guerra tra posizioni” che ha il sapore più di “gestione di potere” che di slancio, sogno, progettualità e servizio. Il Vescovo Nunnari contestualizza il suo scritto “in un momento in cui il Paese rischia di smarrire la bussola nella tempesta della crisi economica che ci sta attraversando”. Senza “bacchettare nessuno” viene richiamato il senso di “servizio” che ciascuno, prestato alla politica, deve assolvere con responsabilità e senza “sbarrare il campo all’entrata delle nuove generazioni” con atteggiamento che il pastore cosentino definisce senza mezzi termini “da feudatari e non da uomini delle istituzioni”. C’è la coscienza della fatica che fa la politica nel contesto storico attuale, soprattutto in quello calabrese. “La vita politica è costellata da continue scelte che mettono di fronte a veri e propri dilemmi” ma il politico deve tendere sempre verso l’alto, verso la perfezione, perché chi compie questo servizio, definito da Paolo VI alta forma di carità, “è inchiodato alla responsabilità e ai doveri verso la comunità”.
Molto ricchi i passaggi ed i richiami ad alcuni modelli che hanno contribuito alla storia della politica italiana dove “i cattolici possono e devono dare ancora il loro contributo”. “I cristiani con sollecitudine – si legge - devono entrare in questo campo d’azione, sforzandosi di raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e l’evangelo e di dare, pur in mezzo ad un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e disinteressato agli uomini”. La metafora delle finestre spalancate ai giovani definiti “presente della politica italiana” è coniugata con l’arte di far politica e con il bisogno di “esempi alti” da parte di chi ricopre cariche pubbliche. “L’esistenza del politico – aggiunge senza mezzi termini monsignor Nunnari – dovrebbe essere cristallina sempre e non sdoppiata tra moralità pubblica e privata”. Una grande esortazione agli uomini della politica per una nuova “credibilità” riscoprendo quanto sia importante un servizio “di costruzione della società” che di questi tempi “è stato assunto dalle leggi dell’economia” capace di condizionare la vita degli Stati, dei parlamenti, dei governi. Sul mezzogiorno la missione della politica, a parere del presule, è parzialmente fallita. “Mille promesse, mille tradimenti” scrive nel capitolo dedicato a questo “faticoso rapporto” dove la politica a volte è stata incastrata nelle maglie della malavita “perpetrando danni nei confronti della gente del Sud”. Quando non c’è stato il dolo c’è stata la mancanza di strategia, quando c’è stata la connivenza con la criminalità è nato “il cancro che ha ammalato la nostra terra”.
L’elenco di sprechi, violenze al territorio calabrese, corruzioni, traffici illegali ed appalti, grandi carrozzoni storici, disoccupazione non risolta, “hanno posto le basi per una società bloccata dal clientelismo e dall’assistenzialismo. Questo sistema ha spento la libera iniziativa e ucciso la speranza trasformando i giovani in mendicanti di futuro”. Allora alcune piste, alcune proposte per un Sud che deve ripartire anche con una nuova classe politica che passa da “un nuovo modo di pensare, una rivoluzione culturale, un sano federalismo basato sul principio della sussidiarietà”. Monsignor Nunnari non dà ricette, indica percorsi che abbiano come protagonisti “uomini innamorati del Sud, persone che vivano la politica con passione e abnegazione”; solo così si potranno respingere le ondate dell’antipolitica. Ai cittadini l’invito a non “dare la delega in bianco” ma vivere l’impegno in prima persona, alle comunità ecclesiali il compito di educare e di “curare assiduamente l’educazione civica e politica per creare anche una nuova generazione di laici cristiani impegnati capaci di cercate competenze e rigore morale”. I cristiani in politica, anche nella varietà dell’appartenenza “faranno la differenza” e contribuiranno alla crescita del Paese se la politica è intesa come servizio a tutti e non ad un ristretto circolo di privilegiati.