Il regista Gianni Amelio a teatro con l’opera di Donizetti

Calabria Tempo Libero
Gianni Amelio (Foto: film-review.it)

Di "Lucia di Lammermoor" ne ha viste almeno una dozzina, "alcune anche belle come quella alla Scala non molti anni fa", e non a caso è la sua opera "preferita". Gianni Amelio, il regista de "Lamerica" e "Il ladro di bambini", firma la sua terza opera lirica (dopo "Pagliacci" e "Il tabarro", 1995, al Carlo Felice in collaborazione con Gianandrea Gavazzeni) per il teatro di San Carlo di Napoli. Il suo primo approccio con il melodramma, rivela, a 16 anni, al Politeama di Catanzaro, "una giornata gelida, dei 400 posti solo 80 coperti, e quattro da noi studenti, nell'unico palco 'vivo' perché gli altri erano vuoti. Se il tenore di 'Trovatore' ha avuto il conforto del bis, è stato per il nostro appaluso". Gianni Amelio dunque melomane? "Diciamo che quando posso, corro", si schernisce. La sua cifra per l'allestimento sancarliano è tutta in una considerazione: "Sono al servizio di Gaetano Donizetti, non credo che nel caso di un'opera un regista debba farsi avanti a gomitate. Può dare la sua chiave di lettura, invece, essere tramite per lo spettatore".

E Amelio promette "3-4 proposte mie" nella lettura del melodramma ottocentesco su libretto di Salvatore Cammarano ("io lo trovo un librettista abile, tutt'altro che banale", avverte), una delle quali proprio nel primo atto, quando l'arpa introduce a una diversa atmosfera intorno alla figura di Lucia. "Amiamo Donizetti, e ci piace obbedire a lui - spiega - questa del resto è stata anche la molla dell'intesa che si è creata con il direttore d'orchestra, Nello Santi". Direttore e cantanti, sostiene, vengono prima di lui in questo lavoro "di interpretazione e restituzione al pubblico moderno di un'opera di due secoli fa" che è contraddistinto dall'"armonia" cui è approdata questa produzione. E racconta compiaciuto come lo spunto della sua azione gli sia arrivato da un conversazione con la nipotina di 8 anni, felice di aver visto il donizettiano "Elisir d'amore". "Nonno - spiega - attento che si dice lagrima e non lacrima”, mi ha detto dopo aver cantato entusiasta la romanza di Nemorino. Il senso di questo suo insegnamento era cercare di rispettare ciò che è stato detto o fatto anche se c'è stridore con la modernità".