Crotone, punto strategico per sviluppare iniziative economiche ed imprenditoriali
"Esiste ormai una emigrazione globalizzata che rincorre la ricchezza e la felicità virtualmente promesse dalla società dei consumi. - Comunica una nota di Salvatore Barresi - I flussi migratori e la nuova geo-politica internazionale, alla luce dello scenario nordafricano, per esempio, stanno provocando spinte auto propulsive ad abbandonare i propri Paesi a fuoruscire con una conseguenza inevitabile dell’eccessivo incremento demografico nei paesi di arrivo.
L’Onu, infatti, ritiene che siano oggi circa duecento milioni le persone interessate dal flusso migratorio con l’intento di cercare lavoro, di ripararsi dalle catastrofi climatiche e di acquisire una vita migliore, in particolare, da parte delle masse indigenti mentre le cosiddette fasce medie dei paesi poveri emigrano a causa della profonda sfiducia nella possibilità di sviluppo del proprio paese o nella possibilità di viverci secondo parametri comparabili a quelli dei paesi ricchi. Alcuni dati chiariscono come da decenni la questione migratoria rappresenti uno dei temi più delicati nelle relazioni Europa-Africa. Crotone, la Calabria sta al centro della questione seppure nessuno, ritengo, abbia preso coscienza di riflettere sulla questione.
28.000 migranti africani sono sbarcati sulle coste europee fra gennaio e maggio del 2011 percependo e affrontando questo fenomeno solo come una minaccia per l'ordine pubblico che come una risorsa su cui riflettere. Aprire un dibattito e affrontare il fenomeno migratorio, con tutti i suoi risvolti e impatti economici, politici e sociali, per pensare e configurare strumenti di gestione strategica di lungo periodo, potrebbe far delineare un modo per una nuova sfida per l'Europa e per l’Africa. Ipotizzare una linea guida che nasce e parte da Crotone, punto nodale del flusso migratorio dall’Africa, per intervenire e colmare il deficit demografico in atto in Italia e in Europa. Non credo che sia una stupidaggine pensare a sviluppare un percorso di accoglienza permanente da “Villaggio Globale” per affrontare la crisi demografica con innesti di supporti migratori.
Da qui al 2060 la popolazione europea sarà calata di 91 milioni con pesanti ripercussioni negative sul settore produttivo e sul welfare. - Continua Barresi - Pensiamo solo al fenomeno migratorio africano con i suoi 20 milioni e più di migranti che ogni anno si spostano all'interno dell'Africa e che approdano, in gran numero, nel nostro Paese. Le migrazioni dei popoli sono una costante nella storia del genere umano. In ogni epoca processi migratori di varia natura ed entità hanno interessato tutte le aree del mondo a partire dalla preistoria fino al medioevo. Nell’età moderna e contemporanea i flussi migratori, guidati prima dal colonialismo e successivamente dagli sviluppi della rivoluzione industriale, si sono intensificati in direzione Nord-Sud del mondo e verso l’occidente. All’interno del processo di integrazione dei mercati, la migrazione si staglia quindi come una nuova forza in gioco per lo sviluppo. “Uno strumento ideale per la promozione del co-sviluppo, ossia di un miglioramento coordinato o concertato delle condizioni sociali ed economiche dei paesi di origine e di quelli di destinazione”, come sottolineato da Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni unite.
Seconda ipotesi potrebbe essere quella per gli Stati europei di operare insieme in ambito migratorio e di concerto con gli Stati africani per una politica di programmazione delle quote dei flussi in entrata con una gestione dei rapporti con i Paesi di origine dei flussi regolando le migrazioni verso l’Europa. Questo provoca uno scompenso socio economico di grande rilevo. C’è un impatto forte delle migrazioni sul mercato del lavoro africano con perdita di capitale umano qualificato. Si stima, dal 1990 in poi, in Africa, una perdita di 20.000 professionisti a causa delle migrazioni. A livello globale 6 dei 10 Paesi con la più alta percentuale di laureati che vivono all’estero sono africani. Questa diaspora di professionisti obbliga a cercare competenze fuori dall’Africa: ogni anno vengono assunti in Africa 100.000 professionisti espatriati con una spesa complessiva di 4 miliardi di dollari. Se pensiamo che il Nord Africa costituisce un territorio di grande importanza per l’Europa da un punto di vista economico e strategico, e se pensiamo che Crotone potrebbe essere punto strategico per sviluppare un ponte di iniziative economiche e imprenditoriali con il lancio di una operazione istituzionale di grande rilievo. Con i suoi 168 milioni di abitanti (16,6% della popolazione africana) e con un PIL complessivo di 464 Miliardi di euro (35,3% di quello dell’intero continente africano), il Nord Africa è una occasione economica forte. L’Unione Europea è il primo investitore (40% degli investimenti) nella regione nordafricana nonché il suo primo partner commerciale. Si stima che siano oltre 6.000 le aziende europee che operano in Nord Africa (dai grandi player dei settori petrolifero e delle telecomunicazioni alle piccole e medie imprese attive nel ramo del tessile e dell’agroalimentare). Crotone potrebbe essere un nuovo attore nell’area ragionando, ad intra, accogliendo i migranti e spingerli alla residenzialità permanente, ad extra comporre un quadro di investimenti esteri nella regione del nord Africa sfruttando i 1,4 Mld $ per il 2011-2013 stanziati dall’Unione Europea previsti come prestiti preventivando un potenziamento progressivo del supporto alle imprese nella regione.
Affrontare il problema delle migrazioni – partendo da Crotone - con un percorso ad intra e ad extra, pensando ai 14 milioni di italiani che dal 1876 fino al 1918 partirono in cerca di fortuna, e pensare che, dalla fine degli anni '70, l’Italia ha conosciuto un’inversione di tendenza e ha scalato la graduatoria dei paesi più interessati dall’immigrazione, con più di 200 nazionalità presenti e tre comunità prevalenti, potrebbe invertire lo sviluppo dell’economia locale. Il Nord Africa è terreno fertile per gli investimenti a favore delle Rinnovabili. Penso solo alla regione dei paesi cosiddetti Mediterranean Partner Countries (MPC), tra cui figurano anche Egitto, Israele e Giordania, che dispongono attualmente di una capacità elettrica installata pari a 61.8 GW; di questi, il 12% proviene da fonti energetiche rinnovabili di cui l'idroelettrico ne costituisce il 90%, seguito dall'eolico con un 9.6% e dal solare con solo lo 0.4%. - Conclude la nota - Negli ultimi anni, i paesi del Nord Africa hanno sviluppato diversi schemi istituzionali per la promozione delle fonti energetiche rinnovabili. Tuttavia, il sistema di incentivazione è ancora molto debole: le tariffe di tipo feed-in sono praticamente assenti e nella maggior parte dei paesi è in vigore solo un sistema di esenzione fiscale. Se nel Nord Africa ha investito la Lega Nord perché non possiamo farlo noi che siamo vicinori e disponibili? Forse dovremmo fare una riflessione seria."