Guccione: situazione sanitaria in provincia di Cosenza gravissima
Carlo Guccione scrive un'interrogazione al ministro della sanità, prof. Renato Balduzzi, ed al prefetto di Cosenza, dott. Raffaele Cannizzaro, sulla grave situazione che vive la provincia di Cosenza.
"Egregi,
il Piano di Rientro dal debito sanitario della Regione Calabria prevede che le procedure di riordino della rete ospedaliera in Calabria si dovranno concludere entro il 31.03.2012, come stabilito dai Decreti n. 18 del 2010 e n. 106 del 2011 emanati dal Commissario ad Acta per l’attuazione del Piano.
Tra due giorni in provincia di Cosenza si chiuderanno i presidi ospedalieri di San Marco Argentano, Mormanno, Lungro, Trebisacce, Cariati, Praia a Mare e si depotenzieranno i presidi ospedalieri di San Giovanni in Fiore e Acri. Tutto ciò avverrà senza che ai servizi erogati da questi presìdi siano stati sostituiti, contestualmente, altrettanti servizi sanitari alternativi territoriali.
Anche nella prevista trasformazione degli ospedali dismessi in CAPT (Centri Assistenza Primaria Territoriale) non c’è alcuna traccia delle risorse umane, finanziarie e tecnologiche necessarie. Ciò ci induce a pensare che la loro operatività è ancora assai lontana dall’essere realizzata.
Tutto questo si verifica, tra l’altro, in un contesto nel quale anche gli ospedali Spoke di Castrovillari, Corigliano-Rossano, Cetraro-Paola, che oggi hanno una disponibilità di 630 posti letto per acuti (il dato è da considerare inferiore per gli avvenuti accorpamenti di reparti registratisi in quest’ultimo periodo anche a causa della mancanza di medici ed infermieri) avrebbero dovuto avere, in base al Decreto n. 106 del 2011, 733 posti letto per acuti.
Carenza che si aggrava anche in riferimento alla mancata stabilizzazione del personale precario medico e paramedico, alla impossibilità di attivare le dovute e necessarie assunzioni, soprattutto di medici specialisti nelle varie unità operative ospedaliere di cui la provincia di Cosenza e completamente sguarnita (Urologia chirurgica, chirurgia vascolare, chirurgia maxillo-facciale, chirurgia ortopedica, emodinamisti etc.).
Oltre 100 posti letto, pertanto, rimangono solo sulla carta, anche per mancanza di spazi e di risorse umane ed economiche.
E’ evidente, insomma, che ci troviamo di fronte ad una situazione di fatto in cui, da una parte si dismettono i presidi ospedalieri e, dall’altra, non si realizzano le strutture sanitarie territoriali alternative previste (CAPT) e non si potenziano gli ospedali Hub e Spoke, per come stabilito dallo stesso Piano di Rientro. Ciò costituisce una grave minaccia per la salute dei cittadini della provincia di Cosenza, poiché sono a rischio altissimo l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e la stessa continuità assistenziale.
Le nostre forti preoccupazioni ritrovano riscontro, tra l’altro, nelle dichiarazioni che il dott. Antonino Orlando, Direttore Generale del Dipartimento della Salute della Regione Calabria, ha rilasciato in occasione di un recente convegno svoltosi a Cosenza.
“Se è vero –ha detto Orlando- che bisogna rispettare la tempistica nella riconversione degli ospedali e se è giusto chiudere gli ospedali che in realtà non sono tali, è giusto anche che nessuno ci chieda di smantellare cosa c’è sul territorio finchè non si definisce cosa si andrà ad attivare nei nosocomi riconvertiti”.
E’ evidente che una non corretta gestione dell’attuazione del Piano di Rientro nella provincia di Cosenza ha creato una vera e propria emergenza sanitaria che rischia, a breve, di far implodere l’intero sistema. C’è bisogno, quindi, di adottare tutte le decisioni amministrative conseguenti e necessarie per impedire che, tra qualche giorno, su tutto il territorio provinciale cosentino si possano verificare situazioni nelle quali il diritto alla tutela della salute, costituzionalmente riconosciuto, non possa più essere garantito.
Sicuri che le SS.LL., per le responsabilità e le funzioni che rivestono, possano celermente attivarsi per verificare e decidere in merito alle scelte necessarie da assumere per impedire che ci si venga a trovare di fronte ad una situazione sanitaria di grave emergenza non più in grado di garantire ed erogare le prestazioni sanitarie."